di Patricia Meyer *
Ricordo quando incontrai Swami Yogaswarupananda la prima volta, ormai più di una ventina d’anni fa, in occasione di un seminario di yoga a Peschiera Borromeo. Swamiji iniziò la lezione teorica domandando ai partecipanti cosa significasse per noi yoga, e chiese ad ognuno di esprimere il concetto in una sola parola. Le risposte furono davvero tante e indubbiamente tutte appropriate … unione, consapevolezza, pace, armonia, liberazione, disciplina, filosofia, realizzazione e via dicendo. Ma Swamiji voleva farci capire qualcosa di molto semplice. Disse soltanto: respiro, yoga è respiro.
Seguendo l’onda del respiro il corpo si rilassa e diventa più morbido, la mente si tranquillizza e si rende più disponibile e ricettiva.
Quando si pratica hatha yoga l’abitudine o la tentazione sono spesso di usare la forza muscolare o tutt’al più la forza nervosa, la così detta forza di volontà: “ci riuscirò a tutti i costi!” Ma queste forze non hanno nulla a che vedere con la “vera energia” che traspare dalla grazia di un’asana eseguita a regola d’arte. Sono molto più grossolane.
Qual è allora l’attitudine corretta? Prepararsi, prendere la posizione lentamente, con dolcezza e con metodo, con intelligenza e infinita attenzione. Passo dopo passo. Ciò che conta non è arrivare alla meta, ma andarci piacevolmente, proprio come il piacere di un viaggio sta nel viaggiare e non nel preoccuparsi unicamente di raggiungere la meta! Lasciare che tutto avvenga senza sforzo, senza fretta, senza violenza, solamente grazie al gioco di equilibri. Come insegna il famoso medico francese F. Leboyer, grande amico del Maestro Iyengar ) …
Lasciare che le cose avvengano con naturalezza. Essere e, senza sforzo eccessivo, rimanendo nell’onda del respiro, aprirsi all’energia della Shakti e da Lei lasciarsi sostenere e guidare con gioia, attenzione e sincerità nella divina danza.
Uno dei principi fondamentali nella pratica dell’hatha yoga è quello di usare il radicarsi alla terra. Bisogna sentire il contatto con la terra, la nostra base di appoggio, e percepire nel bacino, nelle gambe, nei piedi l’attrazione verso di essa, che viene esercitata dalla forza di gravità stessa. Questo ci permette di “mettere le radici” e creare stabilità. Di conseguenza la parte superiore del corpo diventa leggera, rilassata, ricettiva, si può estendere ed accogliere l’energia del cielo.
Pensate ad un maestoso albero con forti radici che penetrano profondamente nella terra, il tronco robusto, i rami elastici che si allungano verso l’alto e danzano con eleganza dondolati dal vento insieme alle foglie fresche e leggere intente a catturare la luce del sole. Un meraviglioso gioco di equilibri: stabilità e leggerezza, fermezza e abbandono, forza e flessibilità.
Immaginate l’umidità del terreno che viene risucchiata dalle radici e risale lungo il tronco fino alle estremità più alte e allo stesso tempo la luce che viene assorbita dalle estremità e penetra giù, fino alla base della pianta, nella Madre Terra. La linfa, essenza radiante, ovunque all’interno risplende misteriosa, rivelando bellezza e vitalità.