La notizia del giorno è che il governo ha deciso di impugnare di fronte alla Corte costituzionale le tre leggi regionali con cui Puglia, Campania e Basilicata vietano l'installazione di centrali nucleari nei rispettivi territori.
Con una decisione ispirata ad un becero centralismo viene così smentito il federalismo da osteria di cui tanto si vanta la Lega Nord.
Da mesi Regioni e governo si trovano contrapposte sull'atomo cosiddetto civile. Il 27 gennaio scorso la Conferenza delle Regioni ha bocciato a maggioranza il piano da 13.000 Megawatt nucleari (4 reattori EPR francesi già concordati, presumibilmente altri 6 AP1000 USA, con una seconda cordata in via di costituzione).
Le uniche a votare contro sono state la Lombardia di Roberto Formigoni, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. 11 Regioni si sono rivolte alla Corte Costituzionale con un ricorso contro la norma che prevede la possibilità di avviare la costruzione di una centrale nucleare o di un impianto di trattamento delle scorie anche in presenza di un parere contrario degli enti locali e delle Regioni interessate, perdipiù militarizzando i siti scelti.
Il pronunciamento è atteso per giugno.
Roberto Formigoni, il governatore fuori-legge (non può presentarsi per il quarto mandato consecutivo!), ha di fatto candidato la Regione Lombardia ad ospitare il nucleare, con ciò ponendo la politica energetica del territorio lombardo fuori dagli obiettivi europei: i famosi "tre venti entro il 2020".
L'ENEL ha già nel cassetto una possibile mappa dei siti nucleari, ricavata da vecchi studi tuttora validi: la Lombardia potrebbe ospitare centrali a Tavazzano (20 km da Milano) o a Ostiglia e Sermide, in Provincia di Mantova.
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