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loghinoGaia: 10 motivi (più uno) per non mangiare carne.

L’associazione Gaia aderisce alla Giornata Mondiale per l’Abolizione della Carne, che si tiene domani 31 gennaio anche in varie città italiane, Milano compresa.

Numerosi collettivi si mobiliteranno in Italia e nel mondo per promuovere la prospettiva dell'abolizione della carne. È importante rivolgersi ai consumatori chiedendo loro di non comprare prodotti animali, ma è necessario cominciare a rivolgersi anche ai cittadini, come fecero i militanti per l'abolizione della schiavitù: essi, pur essendo in netta minoranza, non solo chiedevano alla popolazione di boicottare lo zucchero prodotto dagli schiavi, ma esprimevano anche in modo esplicito l'idea che la schiavitù doveva essere abolita.

“Il consumo di carne non è giustificabile da un punto di vista etico e per questo motivo deve essere abolito – nello stesso modo in cui fu abolita la schiavitù umana”, dice Edgar Meyer, presidente di Gaia.

A Milano un presidio si è tenuto domenica 30 gennaio  in piazza Mercanti / piazza Duomo.

Gaia ha stilato i 10 motivi (più uno) per non mangiare carne: l’ecatombe animale (500 milioni di animali uccisi all’anno solo in Italia), allevamenti come lager, i farmaci (5000 tonnellate all’anno somministrate agli animali), la salute (grassi saturi, colesterolo e rischio tumori sono tipici della dieta carnivora), i cambiamenti climatici (la produzione di carne è la seconda causa dell’aumento della temperatura), insostenibilità ambientale, distruzione delle foreste, ingiustizia alimentare, spreco di risorse, Allevatori e sistema industriale (il sistema zootecnico è concentrato nelle mani di poche enormi multinazionali, spreco di soldi pubblici regalati al sistema zootecnico.

 All.: 10 (più una) ragioni per dire no alla carne e agli allevamenti intensivi

il decalogo dell’associazione Gaia

 

1. L’ecatombe animale
Uccidiamo, dopo averli imprigionati, miliardi di animali ogni anno. Solo per i consumi italiani di carne e pesce, ecco alcune cifre. Animali di terra: 500 milioni di polli da carne; 40 milioni fra tacchini, faraone, anatre e oche; 10 milioni di conigli; 30 milioni di galline ovaiole non più produttive; 13 milioni di maiali; 4,5 milioni fra vitelli, manzi, vacche, bufali; 7,8 milioni di pecore e capre; 30 milioni di inutili pulcini maschi di razza ovaiola, soppressi alla nascita buttandoli in un trituratore.

2. Allevamenti come lager
Il 99% degli animali da cui si ricavano carne, latte, uova in Occidente sono chiusi in campi di concentramento - gli allevamenti intensivi. Anche quando le leggi vengono rispettate, gli spazi a disposizione sono appena sufficienti per girarsi, e talvolta nemmeno quello. Negli allevamenti intensivi gli animali trascorrono la loro breve vita in spazi ristretti, sovraffollati, con luce artificiale dove non è possibile per loro esplicare comportamenti naturali. Tutto ciò è causa di gravi sofferenze, stress, sterotipie che sfociano in vere e proprie patologie fisiche.

3. Farmaci
Per prevenire o curare tali malattie legate ai metodi innaturali di allevamento, agli animali sono somministrati farmaci di sintesi in enormi quantità. Grandi protagonisti della zootecnia intensiva sono gli antibiotici: in Europa gli animali di allevamento ne consumano 5 mila tonnellate, di cui 1500 per favorire, artificialmente, la crescita veloce di polli, suini, tacchini e vitelli.
Gli antibiotici sono dati a tutti gli animali, sia sani che malati: basta qualche pollo malaticcio a giustificare una dose somministrata a 100.000 o 200.000 animali (per evitare che si contagino).

4. Salute
La carne fa male anche agli esseri umani. La carne (ma anche il latte, le uova, il formaggio) provenienti dagli allevamenti intensivi accumulano residui di sostanze tossiche, presenti nell’alimentazione degli animali o nei trattamenti farmaceutici. I pesci concentrano sostanze nocive  -anche la diossina- presenti nelle acque inquinate.
E comunque, anche quando “sani”, i prodotti animali sono inadatti al consumo umano, per l’elevata presenza di grassi saturi e colesterolo.
La dieta vegetariana garantisce il 40% di possibilità in meno di contrarre tumori: l’oncologo Umberto Veronesi è vegetariano.

5. Cambiamenti climatici
La carne che portiamo in tavola è la seconda causa per importanza di riscaldamento globale dopo gli impianti di riscaldamento delle case.
Dagli studi della Fao risulta che il bestiame produce il 18 per cento delle emissioni di gas serra (CO2, protossido d’azoto e metano), ovvero complessivamente più di tutti i mezzi di trasporto. Il bestiame, soprattutto i bovini, è responsabile del 9 per cento dell'anidride carbonica prodotta dalle attività umane, e di una percentuale nettamente superiore di gas serra ancora più dannosi. Al bestiame si deve infatti il 65 per cento delle emissioni di protossido d'azoto rilasciato dalle attività umane: il protossido d'azoto ha un effetto sul riscaldamento terrestre pari a 300 volte quello dell'anidride carbonica. La maggior parte delle emissioni di protossido d'azoto è dovuta al letame. Inoltre il bestiame emette il 37 per cento di tutto il metano riconducibile alle attività umane, gas che rispetto all'anidride carbonica incide nella misura di 23 volte sul riscaldamento del pianeta.

6. Insostenibilità ambientale
Gli allevamenti industriali sono una delle maggiori minacce ambientali: per le emissioni di gas serra, ma anche per lo spreco di combustibile fossile e per il depauperamento e l’inquinamento delle falde acquifere. Non solo. Fuori dalle stalle, gli animali allevati hanno provocato deforestazione e desertificazione di intere regioni, in diversi paesi del mondo. Anche gli scarti dei macelli inquinano!
Quanto all’acquacoltura, sta rovinando gli ecosistemi costieri nel Sud-Est asiatico, in Centramerica, e perfino in Europa.

7. Distruzione foreste
La zootecnia in crescente espansione è divenuta un flagello mondiale di proporzioni epiche. I soli bovini stanno letteralmente divorando interi ecosistemi. Molte foreste tropicali, come accade ad esempio in Amazzonia, vengono abbattute per far posto ai pascoli, che stanno erodendo ovunque anche le terre coltivabili, mentre le acque dolci rimanenti nel mondo vengono contaminate dai rifiuti degli animali e dai pesticidi.


8. Carne e fame: ingiustizia alimentare
Il 60% dei cereali prodotti nel mondo sono destinati agli animali da carne, e spesso sono esportati dai paesi della fame...C’è una diretta concorrenza fra cibo per gli umani e cibo per gli animali. Sempre più terra coltivabile del pianeta è adibita alla coltivazione di mangimi per gli animali, di conseguenza sempre meno terra è riservata alla produzione di cereali per l'alimentazione umana e tutto ciò influisce negativamente sul prezzo degli alimenti accessibili ai più poveri del pianeta.
Oltre un terzo delle terre coltivabili è sfruttato oggi per produrre cereali per gli animali anziché per gli uomini. L'industria mondiale delle carni si sta divorando le terre coltivabili del pianeta e trangugiando ingenti quantità di riserve di carburanti fossili affinché un'esigua percentuale della popolazione terrestre possa banchettare con gli alimenti più in alto nella catena alimentare globale mentre centinaia di milioni di altri esseri umani si trovano a dover far fronte a malnutrizione, carestia e morte. Il nostro pianeta non ha terre sufficienti per nutrire una popolazione umana di carnivori come gli occidentali.

9. Spreco di risorse
Mentre deploriamo l'inefficienza energetica e lo spreco dovuto alla scelta di automobili che consumano molta benzina, l'inefficienza energetica e lo spreco legati al regime alimentare a base di carne è infinitamente peggiore. Un ettaro coltivato a cereali produce il quintuplo delle proteine di un ettaro utilizzato per la produzione di carne. I legumi producono dieci volte quelle proteine, e i vegetali a foglia 15 volte le proteine per ettaro di terreni di pari dimensioni destinato alla produzione di carne.
Ci vogliono 8 kg di mangime (e 13.000 litri di acqua) per far ingrassare di 1 kg un manzo nel recinto dove viene allevato. Ciò significa che solo l'11 per cento di questo mangime serve a produrre il bue, mentre il resto viene consumato come energia nel processo di conversione, utilizzato per mantenere le normali funzioni corporee o espulso o assorbito in parti del corpo che non vengono mangiate, come il pelo o le ossa.

 10. Allevatori e sistema industriale
La fase propriamente agricola degli allevamenti intensivi ha un peso economico limitato. In Italia l’unica forma di allevamento ancora in mano a conduttori diretti è quello delle razze bovine e ovine autoctone, e delle vacche da latte. Tutto il resto della zootecnia è dominato dall’(agro)industria, sempre più internazionale. Gli allevatori sono dei semplici ingrassatori, gli animali sono di proprietà di pochi industriali oligopolisti, spesso in grado di concentrare in sé tutta la filiera: produzione dei mangimi, fornitura degli animali e degli input, cure farmaceutiche, trasformazione in carne, distribuzione.

11. Soldi pubblici al sistema zootecnico
In Europa, la Politica agricola comunitaria (Pac) destina al settore zootecnico e al settore dei seminativi a uso zootecnico in totale circa 20 miliardi di euro l’anno! Sono soldi pubblici. Aumentano le concentrazioni nel settore: allevatori-colosso possiedono milioni di animali... Profitti per pochi, costi collettivi.

Scheda a cura di Edgar Meyer