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QUATTROZAMPE
nebbia giorgio
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Mi cadono gli occhi su una notiziola apparentemente insignificante: a quanto pare esisteva un sistema di telefonia mobile denominato TACS che era entrato in funzione nel 1990; fra poco chi possiede i relativi telefoni non potrà più chiamare o rispondere a nessuno. Dico "pare" perché non ho posseduto questo tipo di telefono mobile e quindi sono esonerato dal doverlo buttare via o mettere in un cassetto.
Ma, a ben pensarci, la breve vita e rapida morte di oggetti, sia industriali sia di vita quotidiana, non sono cose straordinarie: è come se gli oggetti avessero anche loro una vita: nascono, si diffondono, poi a un certo punto sono soppiantati da qualche altro oggetto che svolge la stessa funzione e scompaiono.

Nella rivista "Economia, Demografia e Statistica" qualche anno fa è stato addirittura pubblicato un articolo, intitolato "Le popolazioni di merci", che sostiene, sulla base di considerazioni matematiche, che il numero di oggetti di una certa specie in un mercato segue "leggi" simili a quelle con cui crescono, si stabilizzano, declinano e muoiono le popolazioni animali in un territorio di dimensioni limitate. Anche un mercato, infatti, ha dimensioni limitate: i consumatori, dopo aver acquistato un oggetto, si trovano di fronte ad un altro che svolge più o meno la stessa funzione e buttano via il primo e comprano il secondo.
Anzi l'economia è basata --- dicono --- proprio sulla necessità di cambiare le merci il più rapidamente possibile.
Questo stato di cose ha vantaggi e svantaggi. Il vantaggio sta nel fatto che per produrre nuove merci si tengono in funzione le fabbriche e i negozi e si assicura un salario ai lavoratori; gli svantaggi sono di vario tipo. Lasciamo stare il fatto che i cittadini sono costretti a spendere continuamente per ottenere cose che forniscono servizi già prima disponibili con gli oggetti defunti.
Più importante è la necessità di assicurare una sepoltura adeguata agli oggetti che non servono più; nel caso dei telefoni cellulari si tratta di smaltire qualche decina di grammi di materiali ogni volta; nel caso dei frigoriferi, dei televisori o delle lavatrici si tratta di smaltire qualche decina o centinaia di chili per volta, nel caso delle automobili si tratta di sistemare spesso oltre una tonnellata di materiali per volta.

Le componenti delle merci e degli oggetti che vengono espulsi dal mercato sono spesso preziose: ferro, plastica, rame, piombo, alluminio, magnesio, eccetera e quindi esistono varie attività dedicate allo smantellamento degli oggetti fuori uso e all'eventuale ricupero dei materiali ancora utili, quelle operazioni che si chiamano riciclo e riutilizzo e che sono, in molti casi, proprio raccomandati o imposti dalle leggi sui rifiuti.

Qualche volta però la separazione dei componenti utili, presenti talvolta in quantità di pochi milligrammi per ciascun oggetto (è il caso dell'oro e di altri metalli rari e preziosi nei telefoni cellulari), richiede delicate operazioni manuali che assorbono grandi quantità di mano d'opera. Operazioni troppo "povere" per la costosa mano d'opera dei paesi "ricchi", che sono costretti a spedire intere navi piene di rottami di materiali elettronici usati (telefoni, computer, circuiti elettronici) in Cina e in altri paesi del sud-est asiatico.
Molti dei materiali separati sono tossici e gli addetti alla separazione sono quindi esposti a pericoli di cui nessuno tiene conto in quei paesi poveri in cui qualsiasi lavoro va bene purché assicuri una piccola paga.
Il rapido ricambio degli oggetti di consumo fa sì che vengono buttati via oggetti di cui si è perfino dimenticato come sono stati fatti; quali materiali erano presenti nei frigoriferi o nei televisori acquistati 15 anni fa e che vengono buttati via adesso ? Ogni anno vengono emanate nuove leggi che limitato la presenza di sostanze pericolose nei prodotti di consumo e quindi residui di sostanze nocive, usate e ammesse anni fa, possono essere ancora presenti in oggetti in circolazione oggi.

Molti oggetti che vengono continuamente buttati via perché superati da altri, si portano dietro delle informazioni che risultano perdute per sempre. Chi ha acquistato un computer quindici anni fa scriveva o leggeva informazioni depositate su "dischi", supporti magnetici diversi per i vari computers.
Ciascun computer "depositava" sul disco le informazioni attraverso microscopici segnali elettronici emanati attraverso un "sistema operativo", caratteristico per ciascun computer e modificato ogni uno o due anni. Nel corso di venti anni si è passati dai dischi magnetici di plastica flessibile "da cinque pollici", ai "dischetti" da tre pollici e mezzo, flessibili anche loro, ma protetti da una scatolina di plastica rigida, agli attuali dischi rigidi CD.
Non solo non esistono praticamente più computers capaci di leggere quanto è scritto sui primi dischi, ma molti attuali computers non hanno neanche più le "fessure" in cui inserire e leggere i dischetti da tre pollici.

Cambiato il computer e il sistema operativo e eventualmente il "disco" molte informazioni registrate in passato sono illeggibili e sono quindi perse. Che fine hanno fatto e faranno i miliardi di notizie, lettere, articoli registrati sui supporti magnetici che nessuno è più in grado di leggere? che fine faranno le migliaia di tonnellate di plastica, straterelli di materiale magnetico, vernici, eccetera, dei "dischi" gettati via ogni anno nel mondo?

Un discorso simile vale per molte altre innovazioni tecniche. I "fonografi" capaci di far ascoltare i concerti registrati sui dischi a 77 giri degli anni quaranta del Novecento sono rarità; così sono praticamente scomparsi i "giradischi", i "mangianastro", e tutti i suoni registrati --- anche appena pochi anni fa --- incisi su dischi di plastica o fissati su nastri magnetici. E chi sarà in grado di ascoltare e vedere, nel 2010, canzoni e film registrati oggi su CD e DVD ?

Queste poche considerazioni potrebbero indurre i fabbricanti a progettare i loro prodotti con un occhio attento al futuro. E potrebbe stimolare gli studiosi di storia e di beni culturali a raccogliere e schedare gli oggetti di rapido "consumo" del Novecento, anch'essi beni "culturali" e testimonianze di tecniche e lavoro. Simili archivi e collezioni dei beni di consumo si trovano al Museo della scienza e della tecnica di Milano (www.museoscienza.org), alla Fondazione Micheletti di Brescia (www.fondazionemicheletti.it), in un interessante museo di Bologna (www.museomillevocimillesuoni.com) e in pochi altri posti. Chi sa che, in questa frenesia di nuovi corsi di laurea universitari, un giorno uno sia dedicato alla conservazione dei beni di consumi estinti o in via di estinzione.