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Tibet, ancora Cina.
I chiru un tempo erano comuni negli altipiani: oggi invece sono oggetto di desiderio per colpa soprattutto del sottopelo che gli cresce d'inverno a proteggere la gola, il petto e la pancia.
Per sopportare infatti i rigidi inverni a meno 40 gradi, i chiru producono una peluria morbidissima e sottile piu' di ogni altra, ma al tempo stesso calda come una termocoperta.
Per avere quella peluria con cui tessere scialli sublimi gli animali non possono essere catturati e tosati perche' morirebbero di freddo. Neppure possono essere allevati perche' non si riproducono in cattivita'. Per avere quel pelo devono per forza essere uccisi. Shahtoosh e' il nome di questa protezione naturale. Parola sublime, che in indiano vuol dire "re delle lane"; lo conoscevano dal medioevo le donne del Kashmir, maestre del filare sottilissimo. Erano i cacciatori tibetani che vivevano nomadi a cinquemila metri d'altezza che portavano con loro i chiru morti quando scendevano a valle. Con gli yak, i buoi selvatici dalle grandi corna e dal fittissimo pelame, i tibetani trasportavano le pelli dei chiru, insieme alle corna che, per la medicina tradizionale cinese, avevano il solito effetto afrodisiaco, mai provato e mai tanto devastante per gli animali di questa parte del mondo. Raschiando il sottopelo invernale le donne del Kashmir raccoglievano una lana regale, lo shahtoosh. Confezionavano così scialli preziosi e dal color beige chiaro.
Lo shahtoosh arrivo' in Europa e conquisto' il bel mondo che lo sfoggiava al collo. Uomini e donne lo portavano come segno di distinzione, come status symbol, per recarsi a teatro, d'inverno.
Fine prossima del chiru, raro incrocio tibetano tra una pecora ed una capra.