All'alba dell'"ecologia", nel 1971, i due biologi americani che giganteggiavano nel dibattito sull'ambiente, autori di libri fortunati, Barry Commoner e Paul Ehrlich, si scontrarono su uno dei temi che è ancora oggetto di controversia: i rapporti fra aumento della popolazione mondiale, produzione di merci, qualità delle merci prodotte, e modificazioni dell'ambiente.
I due partirono da una "equazione" secondo cui le alterazioni dell'ambiente (inquinamento, impoverimento delle risorse naturali) sono proporzionali a tre fattori: l'aumento della popolazione mondiale (nel 1971 era di 3700 milioni di persone, oggi è di 6200 milioni di persone), la quantità di merci (alimenti, carburanti, automobili, tessuti, cemento, eccetera) consumate da ciascuna persona e la qualità tecnica delle merci prodotte.
Ehrlich, che nel 1966 aveva scritto un libro "La bomba della popolazione", sosteneva che la salvezza ecologica si sarebbe potuta avere soltanto fermando l'aumento della popolazione mondiale. Commoner, nel libro "Il cerchio da chiudere", sosteneva al contrario che il degrado ambientale non dipendeva dall'aumento della popolazione (che del resto aveva consumi individuali molto diversi nei paesi capitalisti, in quelli comunisti, che allora c'erano ancora, e in quelli del "terzo mondo"),
ma dalla quantità di merci che ogni persona nei paesi industriali era "spinto" a consumare, e soprattutto dalla qualità delle merci. L'uso crescente delle materie plastiche, non degradabili e inquinanti, dei pesticidi sintetici, dell'energia nucleare, dei prodotti petroliferi, contribuiva a impedire la "chiusura" dei cicli naturali e al peggioramento dell'ambiente; la salvezza avrebbe potuto essere cercata in una revisione dei consumi e della produzione industriale ricorrendo a materie e fonti di energia rinnovabili.
Sono passati trent'anni e la massa delle merci prodotte e consumate è aumentata di oltre cinque volte, i prodotti dannosi per l'ambiente si sono moltiplicati e, "infatti", è aumentato l'inquinamento e sono comparsi mutamenti climatici che faranno sentire i loro effetti in futuro.
Nella generale distrazione dei governanti e dell'opinione pubblica, una risposta alla domanda "quali merci e quali processi sono meno nocivi per l'ambiente" viene dagli studiosi di merceologia, la disciplina che, nelle università, si occupa di questo problema. Se ne è avuta una prova nel recente XXI congresso di tali studiosi che si è tenuto a Foggia proprio sul rapporto fra merci, risorse naturali e sviluppo economico sociale, organizzato dalla prof. Spada, titolare della cattedra di merceologia nella giovane facoltà di Economia di Foggia.
Gli studiosi hanno cominciato col ricordare che il congresso si apriva il giorno in cui il petrolio aveva superato i 280 euro (quasi seicentomila vecchie lire) alla tonnellata e continuava ad aumentare e che la salvezza economica e ambientale richiede una revisione dei processi produttivi e della qualità dei prodotti.
Il prof. Cannata, rettore della vicina Università del Molise, ha esordito con le parole del signor Lieuvain che, nel romanzo "La signora Bovary", arringa i cittadini di Yonville: "C'è bisogno, signori, che vi dimostri l'utilità dell'agricoltura? Chi, se non l'agricoltura, fornisce alimenti e fibre tessili?". Sono passati due secoli e ancora oggi gli alimenti, le materie prima, le fonti energetiche continuamente fornite dal Sole sotto forma di biomassa agricola, sono essenziali per lo sviluppo economico e sociale nel Nord e nel Sud del mondo e sono inoltre rinnovabili e biodegradabili.
Oltre ai prodotti alimentari (di cui ha parlato il rappresentante della FAO) e alle fonti energetiche, gli studiosi di merceologia hanno analizzato l'altra risorsa naturale essenziale, l'acqua; ne ha parlato il prof. Petrella dell'Università Cattolica di Lovanio (Belgio) mettendo in evidenza che lo sviluppo mondiale dipende da un uso solidale delle risorse idriche, troppo spesso privatizzate a spese dei paesi e delle comunità che finiscono per essere private di questo bene essenziale.
Il Congresso di Merceologia di Foggia ha dato delle importanti indicazioni (peccato che non ci fossero responsabili del mondo politico ed economico ad ascoltare!) su nuovi materiali che potrebbero eliminare l'inquinamento, su nuovi prodotti alimentari ricchi di proteine che potrebbero alleviare la fame nel mondo, su nuovi strumenti economici che consentirebbero di prevedere gli effetti ambientali negativi dei nuovi processi e prodotti. Al di là dei miti delle società virtuali e teletroniche, il mondo va avanti producendo e usando beni materiali, cose, merci che vengono dalla natura e alla natura ritornano dopo la loro vita utile.
I due partirono da una "equazione" secondo cui le alterazioni dell'ambiente (inquinamento, impoverimento delle risorse naturali) sono proporzionali a tre fattori: l'aumento della popolazione mondiale (nel 1971 era di 3700 milioni di persone, oggi è di 6200 milioni di persone), la quantità di merci (alimenti, carburanti, automobili, tessuti, cemento, eccetera) consumate da ciascuna persona e la qualità tecnica delle merci prodotte.
Ehrlich, che nel 1966 aveva scritto un libro "La bomba della popolazione", sosteneva che la salvezza ecologica si sarebbe potuta avere soltanto fermando l'aumento della popolazione mondiale. Commoner, nel libro "Il cerchio da chiudere", sosteneva al contrario che il degrado ambientale non dipendeva dall'aumento della popolazione (che del resto aveva consumi individuali molto diversi nei paesi capitalisti, in quelli comunisti, che allora c'erano ancora, e in quelli del "terzo mondo"),
ma dalla quantità di merci che ogni persona nei paesi industriali era "spinto" a consumare, e soprattutto dalla qualità delle merci. L'uso crescente delle materie plastiche, non degradabili e inquinanti, dei pesticidi sintetici, dell'energia nucleare, dei prodotti petroliferi, contribuiva a impedire la "chiusura" dei cicli naturali e al peggioramento dell'ambiente; la salvezza avrebbe potuto essere cercata in una revisione dei consumi e della produzione industriale ricorrendo a materie e fonti di energia rinnovabili.
Sono passati trent'anni e la massa delle merci prodotte e consumate è aumentata di oltre cinque volte, i prodotti dannosi per l'ambiente si sono moltiplicati e, "infatti", è aumentato l'inquinamento e sono comparsi mutamenti climatici che faranno sentire i loro effetti in futuro.
Nella generale distrazione dei governanti e dell'opinione pubblica, una risposta alla domanda "quali merci e quali processi sono meno nocivi per l'ambiente" viene dagli studiosi di merceologia, la disciplina che, nelle università, si occupa di questo problema. Se ne è avuta una prova nel recente XXI congresso di tali studiosi che si è tenuto a Foggia proprio sul rapporto fra merci, risorse naturali e sviluppo economico sociale, organizzato dalla prof. Spada, titolare della cattedra di merceologia nella giovane facoltà di Economia di Foggia.
Gli studiosi hanno cominciato col ricordare che il congresso si apriva il giorno in cui il petrolio aveva superato i 280 euro (quasi seicentomila vecchie lire) alla tonnellata e continuava ad aumentare e che la salvezza economica e ambientale richiede una revisione dei processi produttivi e della qualità dei prodotti.
Il prof. Cannata, rettore della vicina Università del Molise, ha esordito con le parole del signor Lieuvain che, nel romanzo "La signora Bovary", arringa i cittadini di Yonville: "C'è bisogno, signori, che vi dimostri l'utilità dell'agricoltura? Chi, se non l'agricoltura, fornisce alimenti e fibre tessili?". Sono passati due secoli e ancora oggi gli alimenti, le materie prima, le fonti energetiche continuamente fornite dal Sole sotto forma di biomassa agricola, sono essenziali per lo sviluppo economico e sociale nel Nord e nel Sud del mondo e sono inoltre rinnovabili e biodegradabili.
Oltre ai prodotti alimentari (di cui ha parlato il rappresentante della FAO) e alle fonti energetiche, gli studiosi di merceologia hanno analizzato l'altra risorsa naturale essenziale, l'acqua; ne ha parlato il prof. Petrella dell'Università Cattolica di Lovanio (Belgio) mettendo in evidenza che lo sviluppo mondiale dipende da un uso solidale delle risorse idriche, troppo spesso privatizzate a spese dei paesi e delle comunità che finiscono per essere private di questo bene essenziale.
Il Congresso di Merceologia di Foggia ha dato delle importanti indicazioni (peccato che non ci fossero responsabili del mondo politico ed economico ad ascoltare!) su nuovi materiali che potrebbero eliminare l'inquinamento, su nuovi prodotti alimentari ricchi di proteine che potrebbero alleviare la fame nel mondo, su nuovi strumenti economici che consentirebbero di prevedere gli effetti ambientali negativi dei nuovi processi e prodotti. Al di là dei miti delle società virtuali e teletroniche, il mondo va avanti producendo e usando beni materiali, cose, merci che vengono dalla natura e alla natura ritornano dopo la loro vita utile.
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