di Giorgio Nebbia
Vi ricordate quando Nausicaa, principessa dei Feaci, va a lavare i suoi vestiti al fiume, un trucco degli dei per farle trovare Ulisse appena gettato dalle onde sulla vicina spiaggia? Omero, l’autore di questa storia di circa tremila anni fa, racconta che la principessa e le sue amiche per lavare pestavano i tessuti con i piedi in una fossa piena di terra, perché già allora si sapeva che certe terre assorbono il grasso e lo sporco dai panni; una conoscenza diffusa dovunque già nel mondo antico in cui si usava pulire con terra da folloni, una argilla (un silicato di alluminio talvolta contenente sodio, potassio, calcio), i tessuti sia a livello domestico sia, più tardi, a livello industriale.
Con il procedere dell’industrializzazione sono state scoperte le argille più idonee e l’operazione di follatura, invece che con le mani e i piedi, è stata fatta con adatte macchine, le gualchiere, azionate del moto delle acque. Poi le conoscenze chimiche hanno offerto altri materiali per lavare; poi, quando si è scoperto che i carbonati di potassio e sodio delle ceneri delle piante, altri ingredienti del lavaggio, potevano essere fabbricati artificialmente, si è avuta la diffusione delle prime fabbriche di soda, già agli inizi dell’Ottocento. Poi le conoscenze della chimica hanno permesso di ottenere industrialmente i saponi, i sali di sodio e potassio degli acidi grassi.
Poi nel Novecento si è scoperto che alcuni inconvenienti del sapone, la formazione di saponi di calcio insolubili nelle acque, potevano essere evitati con i detergenti sintetici, dapprima acidi grassi naturali modificati chimicamente (come solfati o solfonati di acidi grassi), poi con detergenti del tutto sintetici ottenuti da materie prime derivate dal petrolio. Poi si è scoperto che alcuni detergenti sintetici erano “troppo perfetti” e restavano schiumosi nelle acque dei fiumi e dei laghi perché non erano degradati dai microrganismi presenti nelle acque naturali.
Ed è cominciato un cammino a ritroso. Si è visto che le materie petrolifere più economiche non erano adatte come detersivi domestici, e sono state emanate leggi che vietano la vendita di detergenti “non biodegradabili”; poi si è visto che i fosfati, altri “perfetti” additivi per il lavaggio, restavano nelle acque e provocavano la proliferazione delle alghe e il fenomeno della eutrofizzazione nei fiumi e nei laghi e sono state emanate leggi che impongono di limitarne la quantità. Poi si è visto che forse il vecchio “sapone”, che una volta si chiamava “sapone di Marsiglia”, non era poi tanto cattivo e sono comparsi dei preparati per lavare commerciali “con Marsiglia”. Poi si è visto che forse Nausicaa e i Romani e i tessitori medievali non erano tanto stupidi quando usavano la “volgare” argilla e adesso compaiono detersivi commerciali con “argilla”, che si trova in natura e che è capace di assorbire i grassi indesiderabili, per adesso quelli di piatti e pentole. Un altro esempio di crescita, declino e resurrezione delle merci e di vendetta della natura.
Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
< Prec. | Succ. > |
---|