La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 5 luglio 2005 Confusione Giorgio Nebbia <
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Da qualche tempo a questa parte c’è una grande confusione sotto il cielo, anche per i problemi dell’ambiente.
Trent’anni fa c’erano poche associazioni e gruppi che parlavano e agivano in difesa dell’ambiente, in genere voci critiche nei confronti dei governi e delle pubbliche amministrazioni, dei partiti e delle industrie inquinanti, voci che si alzavano in difesa degli animali e dei boschi, al punto da assumere un carattere di vera e propria contestazione ecologica.
Dagli anni ottanta del secolo scorso i gruppi si sono moltiplicati; dapprima con il sorgere di uno, due, tre, gruppi “verdi”, poi alcuni diventati partiti, poi con la comparsa dei primi ministeri dell’ambiente che non hanno esitato, nel corso degli anni, a invitare le associazioni ambientaliste a collaborare per il buongoverno delle scelte nel campo dei rifiuti, dei parchi, della analisi dell’inquinamento, con un quasi inevitabile rallentamento dello spirito critico.
Attualmente le associazioni e i gruppi seno decine, al punto da destare confusione nell’opinione pubblica. Prendiamo pochi esempi. Il movimento ambientalista ha sempre sostenuto che occorre passare dalle fonti energetiche non rinnovabili, fossili, inquinanti, alle fonti di energia rinnovabili come quelle legate al Sole: elettricità e calore solare, elettricità ottenuta dal vento.
Ma ora è attivo un vasto movimento “verde” contro l’energia eolica non tanto nel nome di cose giuste --- contro la speculazione che coinvolge venditori di aerogeneratori e comuni, per un invito a installare aerogeneratori dove effettivamente il vento esiste con intensità tale da assicurare una soddisfacente produzione elettrica --- ma nel nome del deturpamento della bellezza del paesaggio, o del rumore generato dalle pale, o dei danni agli uccelli in transito.
Nel campo dei rifiuti tutti sono d’accordo che occorre migliorare la raccolta differenziata e il riciclo dei materiali --- lo impone (imporrebbe) la legge --- ma alcuni gruppi pensano che sia accettabile la costruzione di alcuni inceneritori (che adesso chiamano “termovalorizzatori”), altri li contestano perché sono fonti di inquinamento.
Alcuni ambientalisti pensano che sia possibile ottenere carburanti dalla biomassa vegetale, altri contestano questa soluzione che sostituirebbe la benzina con l’alcol o col biodiesel e non inciderebbe sul rallentamento del traffico automobilistico, o perché l’uso dei vegetali a fini energetici sottrarrebbe terreni alla coltivazione di pur indispensabili alimenti. Una corrente di pensiero ambientalista ritiene necessario smetterla di dire sempre “no” e invita piuttosto ad aiutare le amministrazioni pubbliche a risolvere i loro problemi ecologici. C’è divergenza di opinioni sulla gestione dei parchi che si sono moltiplicati, con il loro apparato di presidenti e funzionari; alcuni ritengono che i parchi debbano essere strutture di difesa dell’ambiente e di educazione ecologica popolare, in grado, nello stesso tempo, di guadagnare soldi con cui realizzare strutture ricettive e assicurare occupazione alle popolazioni che vivono dentro il parco; altri movimenti contestano che lo sfruttamento turistico si presta a speculazioni e abusi e snatura la necessità di conservazione della vegetazione e degli animali.
Per non parlare della proliferazione di merci e macchinari “ecologici” che tali sono ben poco, ma che sponsorizzano talvolta iniziative, feste, parchi, congressi ambientali. O di proposte ecologiche, come gli incentivi all’acquisto di autoveicoli e motociclette o lavatrici ecologici al posto degli attuali, con l’effetto di generare ogni anno milioni di tonnellate di “rottami” --- si chiamano bene incentivi alla rottamazione --- che creano enormi problemi di smaltimento e di inquinamento ambientale sia quando sono abbandonati nel terreno, sia quando sono “riciclati” Sta di fatto che chi scriverà una storia dell’ambientalismo dagli anni novanta del Novecento in avanti troverà che la difesa dell’ambiente --- che è poi difesa dei diritti dei cittadini da scelte economiche e politiche che danneggiano o possono danneggiare la salute --- è gradualmente passata dalle grandi associazioni a gruppi di persone, nati spontaneamente intorno a “un problema”.
Ne abbiamo conosciuti anche in Puglia intorno alla costruzione di discutibili discariche, alla diffusione di antenne che emanano radiazioni elettromagnetiche, intorno alla proposta di una discarica di scorie nucleari in Basilicata.
Questi gruppi, spesso in piccoli paesi, tagliati fuori dai grandi canali di informazione e dalle Università, “si arrangiano” per documentarsi sulle ragioni della la propria protesta, ricorrendo alle infinite risorse di Internet. Se le grandi associazioni ambientaliste si fermassero un momento a documentarsi, a pensare e a studiare, potrebbero raccogliere la voce di tante persone che, da sole, con coraggio, si impegnano per un genuino miglioramento dell’ambiente, che significa poi crescita di cultura, di ricerca scientifica e di occupazione. L’ascolto delle voci di questo “movimento” gioverebbe anche ai governi nazionali e locali; sempre le grandi riforme civili di cui godiamo sono state precedute da movimenti di protesta, dapprima osteggiati, che anticipavano diritti e bisogni umani.
Da qualche tempo a questa parte c’è una grande confusione sotto il cielo, anche per i problemi dell’ambiente.
Trent’anni fa c’erano poche associazioni e gruppi che parlavano e agivano in difesa dell’ambiente, in genere voci critiche nei confronti dei governi e delle pubbliche amministrazioni, dei partiti e delle industrie inquinanti, voci che si alzavano in difesa degli animali e dei boschi, al punto da assumere un carattere di vera e propria contestazione ecologica.
Dagli anni ottanta del secolo scorso i gruppi si sono moltiplicati; dapprima con il sorgere di uno, due, tre, gruppi “verdi”, poi alcuni diventati partiti, poi con la comparsa dei primi ministeri dell’ambiente che non hanno esitato, nel corso degli anni, a invitare le associazioni ambientaliste a collaborare per il buongoverno delle scelte nel campo dei rifiuti, dei parchi, della analisi dell’inquinamento, con un quasi inevitabile rallentamento dello spirito critico.
Attualmente le associazioni e i gruppi seno decine, al punto da destare confusione nell’opinione pubblica. Prendiamo pochi esempi. Il movimento ambientalista ha sempre sostenuto che occorre passare dalle fonti energetiche non rinnovabili, fossili, inquinanti, alle fonti di energia rinnovabili come quelle legate al Sole: elettricità e calore solare, elettricità ottenuta dal vento.
Ma ora è attivo un vasto movimento “verde” contro l’energia eolica non tanto nel nome di cose giuste --- contro la speculazione che coinvolge venditori di aerogeneratori e comuni, per un invito a installare aerogeneratori dove effettivamente il vento esiste con intensità tale da assicurare una soddisfacente produzione elettrica --- ma nel nome del deturpamento della bellezza del paesaggio, o del rumore generato dalle pale, o dei danni agli uccelli in transito.
Nel campo dei rifiuti tutti sono d’accordo che occorre migliorare la raccolta differenziata e il riciclo dei materiali --- lo impone (imporrebbe) la legge --- ma alcuni gruppi pensano che sia accettabile la costruzione di alcuni inceneritori (che adesso chiamano “termovalorizzatori”), altri li contestano perché sono fonti di inquinamento.
Alcuni ambientalisti pensano che sia possibile ottenere carburanti dalla biomassa vegetale, altri contestano questa soluzione che sostituirebbe la benzina con l’alcol o col biodiesel e non inciderebbe sul rallentamento del traffico automobilistico, o perché l’uso dei vegetali a fini energetici sottrarrebbe terreni alla coltivazione di pur indispensabili alimenti. Una corrente di pensiero ambientalista ritiene necessario smetterla di dire sempre “no” e invita piuttosto ad aiutare le amministrazioni pubbliche a risolvere i loro problemi ecologici. C’è divergenza di opinioni sulla gestione dei parchi che si sono moltiplicati, con il loro apparato di presidenti e funzionari; alcuni ritengono che i parchi debbano essere strutture di difesa dell’ambiente e di educazione ecologica popolare, in grado, nello stesso tempo, di guadagnare soldi con cui realizzare strutture ricettive e assicurare occupazione alle popolazioni che vivono dentro il parco; altri movimenti contestano che lo sfruttamento turistico si presta a speculazioni e abusi e snatura la necessità di conservazione della vegetazione e degli animali.
Per non parlare della proliferazione di merci e macchinari “ecologici” che tali sono ben poco, ma che sponsorizzano talvolta iniziative, feste, parchi, congressi ambientali. O di proposte ecologiche, come gli incentivi all’acquisto di autoveicoli e motociclette o lavatrici ecologici al posto degli attuali, con l’effetto di generare ogni anno milioni di tonnellate di “rottami” --- si chiamano bene incentivi alla rottamazione --- che creano enormi problemi di smaltimento e di inquinamento ambientale sia quando sono abbandonati nel terreno, sia quando sono “riciclati” Sta di fatto che chi scriverà una storia dell’ambientalismo dagli anni novanta del Novecento in avanti troverà che la difesa dell’ambiente --- che è poi difesa dei diritti dei cittadini da scelte economiche e politiche che danneggiano o possono danneggiare la salute --- è gradualmente passata dalle grandi associazioni a gruppi di persone, nati spontaneamente intorno a “un problema”.
Ne abbiamo conosciuti anche in Puglia intorno alla costruzione di discutibili discariche, alla diffusione di antenne che emanano radiazioni elettromagnetiche, intorno alla proposta di una discarica di scorie nucleari in Basilicata.
Questi gruppi, spesso in piccoli paesi, tagliati fuori dai grandi canali di informazione e dalle Università, “si arrangiano” per documentarsi sulle ragioni della la propria protesta, ricorrendo alle infinite risorse di Internet. Se le grandi associazioni ambientaliste si fermassero un momento a documentarsi, a pensare e a studiare, potrebbero raccogliere la voce di tante persone che, da sole, con coraggio, si impegnano per un genuino miglioramento dell’ambiente, che significa poi crescita di cultura, di ricerca scientifica e di occupazione. L’ascolto delle voci di questo “movimento” gioverebbe anche ai governi nazionali e locali; sempre le grandi riforme civili di cui godiamo sono state precedute da movimenti di protesta, dapprima osteggiati, che anticipavano diritti e bisogni umani.
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