Per i prodotti biologici abbiamo tre tipi di etichetta.

1. Prodotto bio al 95-100%

I prodotti in cui dal 95% al 100% degli ingredienti di origine agricola è di produzione biologica (e i cui eventuali ingredienti convenzionali siano esclusivamente tra quelli compresi nella terza lista), possono fare riferimento al biologico nella denominazione di vendita. Avremo così un olio extra vergine da agricoltura biologica, una confettura di fragole da agricoltura biologica, una pasta di semola da agricoltura biologica. Se l'azienda lo desidera, può specificare in etichetta 100% da agricoltura biologica, o il 99% degli ingredienti di origine agricola deriva da agricoltura biologica o simili.

2. Prodotto bio al 70%

I prodotti in cui dal 70% al 95% degli ingredienti di origine agricola è di produzione biologica (e i cui ingredienti convenzionali siano esclusivamente tra quelli compresi nella terza lista), possono fare riferimento al biologico solo nell'elenco degli ingredienti (con un asterisco o in altro modo, purché sia chiara la relazione con gli ingredienti in questione). Il riferimento al biologico non sarà nella denominazione di vendita, ma solo nell'elenco degli ingredienti e nella frase "xx % degli ingredienti di origine agricola è stato ottenuto conformemente alle norme della produzione biologica". Se un prodotto contiene ingredienti di origine biologica in misura inferiore al 70%, non può fare alcun riferimento al biologico in etichetta o nella pubblicità.

3. Prodotto in conversione

L'ultima categoria è quella dei prodotti in conversione. E' costituita dai prodotti i cui ingredienti sono sì coltivati con metodo biologico, ma da un periodo che, pur superiore a 12 mesi, è inferiore a quello necessario per poter essere considerati ufficialmente biologici (perché le produzioni diventino biologiche a tutti gli effetti, il regolamento europeo prevede un periodo di almeno due anni).

 

 

La dieta anti cancro

 

Eminenti uomini di scienza, come l’oncologo Umberto Veronesi, Ministro della Sanità nel Governo Amato ed il Premio Nobel Renato Dulbecco, sono vegetariani dichiarando che tale scelta è effettuata “come rimedio preventivo all’insorgenza dei tumori”.

Che la frutta e la verdura facciano bene e che aiutino a prevenire il cancro è cosa risaputa, ma ora anche scientificamente dimostrata. L’American Institute for Cancer Research (Aicr) ha pubblicato di recente uno studio, frutto di anni di indagini, che lancia l’allarme sulle proteine animali quale fonte di incremento dell’azione dei cancerogeni, mentre conferma che i prodotti vegetali ne contrastano l’attività. I vegetali svolgono il compito di “agenti anti cancro” perché contengono antiossidanti come le vitamine C ed E, che prevengono danni genetici e offrono all’organismo sostanze come il folato di sodio retinoidi ed altri composti fitochimici che contribuiscono a “riparare” il DNA danneggiato dai processi cancerogeni iniziali. Sono ben 4.500, oltre a quello americano dell’Aicr, gli studi a livello mondiale che confermano le proprietà anti cancro di piselli, legumi, pane e alimenti integrali, fagiolini verdi, zucchine, insalata, aglio, cipolle, cavoli, broccoli, riso, carote, pomodori, carciofi, bietole, e persino erbe aromatiche come menta, rosmarino e coriandolo (potenti preventivi dei tumori al seno, fegato e polmoni).

All’interno del Piano Oncologico Nazionale, la Commissione Oncologica del Dipartimento della prevenzione del Ministero della Sanità ha predisposto alcuni consigli pratici per difendersi a tavola dalle patologie tumorali.

Ma vediamo cosa prevede la dieta anti cancro consigliata.

Scegliere alimenti di origine vegetale: verdura, frutta, legumi, cereali.

Mangiare più volte al giorno verdura e frutta fresca di stagione.

Preferire cereali e farine non raffinati.

Limitare il consumo di grassi, soprattutto di quelli di origine animale: latte, formaggi, carne, burro.

Evitare i cibi conservati sotto sale.

Non lasciare cibi deteriorabili a temperatura ambiente.

Consumare pesce, riducendo o eliminando la carne rossa. Preferire i pesci nostrani, come il pesce azzurro.

Limitare il consumo di alcool.

Limitare il consumo di cibi affumicati, abbrustoliti, alla griglia o cotti a temperature elevate.

Evitare sovrappeso ed obesità, ma anche diete ipocaloriche ed ipercaloriche.

 

 

 

I cibi buoni (vedi scheda allegata in JPG)

 

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Mamma, Papà: divento vegetariano!

 

Se i macelli avessero le pareti di cristallo saremmo tutti vegetariani”, recita una massima vegetariana, mentre J. Kellogg scrisse “non mangerò mai nulla che abbia avuto gli occhi”. In Italia ci sono un milione e mezzo circa di vegetariani (cresciuti a ben 2.500.000 dopo i recenti casi di “Mucca pazza”). I casi di salmonella provocati dal pollo lesso a Ravenna, le sempre più diffuse macellazioni clandestine ad opera della malavita organizzata senza alcuna tutela di tipo igienico sanitario e la vera e propria epidemia di BSE, conosciuta come “Mucca pazza”, i “polli ed i maiali alla diossina” del Belgio, inducono un numero sempre maggiore di persone ad adottare una dieta vegetariana.

La scelta vegetariana si fonda essenzialmente su tre motivi.

La salute. L’autorevole American Journal of Clinical Nutrition ha definitivamente sgombrato il campo dagli equivoci e dai dubbi sull’alimentazione vegetariana, soprattutto in tenera età e nella fase dello sviluppo: dieta vegetariana promossa nell’autunno del 1999. La piramide vegetariana predisposta dal “Journal” mette alla base cereali integrali e legumi, poi frutta e verdure, frutta secca e semi, oli vegetali ed in alto (quindi tra i cibi da usare con moderazione) latte, latticini, uova e dolciumi.

Secondo uno studio del “British Medical Journal” i vegetariani hanno un rischio minore (del quaranta per cento) di contrarre malattie tumorali. Il che non è poco considerando l’allarme lanciato dalla Lega tumori secondo il quale un italiano su due entro il 2001 si ammalerà di cancro. Ogni anno nel nostro paese sono centocinquantamila i decessi dovuti a questa malattia.

Non è infatti trascurabile il campionario farmaceutico che ingeriamo con la bistecca (tutte le sostanza somministrate agli animali prima della macellazione): dietilstilbestrolo, cortisone, antibiotici, sulfamidici, antitiroidei, vaccini, estrogeni, ormoni...

La sofferenza animale Dietro la trasformazione dell’animale in prosciutti, salami e bistecche c’è un calvario di sofferenze inaudite: vitellini da latte strappati alle madri, polli e galline ovaiole spennate e con il becco smussato, maiali e cavalli immobilizzati e con luce accesa ventiquattro ore al giorno per l’ingrasso.

Paesi in via di sviluppo. Un ettaro coltivato a soia (non transgenica) produce 1.800 chili di proteine vegetali, lo stesso terreno adibito a pascolo e allevamento produce appena 60 chili di proteine animali. Il quaranta per cento dei cereali prodotti nel mondo serve a sfamare gli animali da carne. Secondo la FAO ed il Worldwatch Institut “i carnivori stanno distruggendo la Terra. Non c’è cibo a sufficienza per tutti”.

 

Il pomodoro del cuore.

 

Il pomodoro fa bene al cuore. Frutta e verdura non sono solo potenti sostanze naturali per prevenire e contrastare l’insorgenza dei tumori, ma sono anche nemici delle malattie cardiache. Gli scienziati del Rowett Research Institute di Aberdeen, in Scozia, hanno dimostrato che il pomodoro contiene una preziosa gelatina gialla che avvolge i semi che è molto efficace nel prevenire e combattere i trombi, i coaguli di sangue responsabili di infarti ed ictus. La preziosa sostanza gialla dei pomodori impedisce alle piastrine del sangue di coagularsi.

 

Dalla parte delle galline.

 

Provate a passare la vostra vita in piedi su un foglio A4: è quanto sono costrette a fare le galline da carne ed ovaiole nel nostro paese ed in Europa. In queste condizioni si ammalerebbe anche un toro. Lo spazio a disposizione per le povere galline “da produzione”, cresciute negli allevamenti “in batteria” è di 450 centimetri quadrati. Alle galline, che vivono in promiscuità, per evitare che si "danneggino" a vicenda (sono considerati degli oggetti) viene smussato con una forbice il becco, bruciati i tendini delle ali ed inferte altre mutilazioni utili alla produzione. Le ovaiole non godono mai del buio e del riposo: la luce accesa 24 ore su 24 le costringe ad una alimentazione forzata (e la qualità del becchime?) per scodellare quante più uova possibile. E’ sufficiente entrare in un allevamento in batteria per non assaggiare mai più un uovo o un pollo proveniente da questi tunnel dell’orrore.

In Italia ogni anno 40 milioni di galline sono detenute in gabbie di batteria per produrre 12 miliardi di uova, e 400 milioni di polli finiscono sulle tavole imbandite. Ma negli allevamenti intensivi l'utilizzo di mangimi scadenti e di prodotti di scarto, economici, per massimizzare il profitto, nonché la situazione di costrizione in cui si trovano le galline aumentano esponenzialmente il rischio di assimilazione di elementi malsani.

Nei mangimi dei polli e dei maiali belgi sono stati trovati pcb (bifenile policlorurato) — come mangiare insalata di pollo condita con olio di macchina usato! —, altamente tossici e cancerogeni: la loro diffusione è responsabile dell'aumento di gravi malattie in quanto i pcb si accumulano nella catena alimentare. Alla nascita, i pulcini maschi vengono “scartati”, gettati via e tritati vivi.

Negli allevamenti bio le galline sono allevate a terra, con spazi vitali a disposizione, mangimi naturali non modificati geneticamente, non subiscono taglio del becco ed altre mutilazioni. Nei bio allevamenti non è consentito l’uso di sostanze sintetiche che favoriscano la crescita, aumentino l’appetito, ostacolino il naturale sviluppo dell’animale. Vietati i mangimi di provenienza animale, fatti salvo pesche, latte e lombrichi. A vigilare sull’effettivo rispetto delle procedure biologiche in tutta la catena (foraggi, mangimi, allevamenti, cure veterinarie, macellazione, confezionamento) vigila il Regolamento europeo sulla zootecnia biologica, Regolamento CE 1804/1999, le norme che da fine agosto del 2000 consentono di produrre carne biologicamente garantita.

La dicitura per le uova biologiche , prodotte da “galline felici”, dev'essere sempre: “allevate libere”, “all'aperto — sistema estensivo”, “all'aperto”, “a terra”…

A seguito delle spaventose immagini viste nei servizi tv inerenti allo "scandalo diossina", l'Unione Europea disincentiverà, a partire dal 2002, l'uso delle gabbie metalliche in cui le galline vengono stipate a forza. Ma non ci sarà divieto assoluto.

 

I possibili rischi a tavola.

 

oltre alla diossina, quali altre insidie si nascondono a tavola? Ecco i rischi presenti oggi nel piatto degli italiani.

Insaccati.

Soprattutto i salumi contengono nitrati che se presenti in grande quantità sono pericolosi perché nell’organismo si trasformano in nitrosamine, potenzialmente cancerogene.

Carne di maiale.

Ai suini si somministrano antibiotici, che possono creare nell’uomo la resistenza a questi farmaci. per rendere la carne più magra si da al maiale il cromo, che però nuoce al sistema immunitario.

Pesce.

Quello pescato può essere contaminato ad esempio dal mercurio. Se nell’organismo si accumula questo metallo (ad esempio di chi mangia molto tonno) può essere tossico per il cervello. Nei mangimi del pesce di allevamento possono esserci tracce di diossina.

Carne di bue.

In Europa, a differenza degli stati Uniti, è vietata la somministrazione di ormoni ai bovini. e’ invece lecita quella degli antibiotici (per prevenire infezioni), che dalla carne vengono assorbiti dal consumatore, favorendo resistenza ed allergia a questi medicamenti. Dopo l’epidemia di BSE, meglio nota come “mucca pazza”, sono da evitare per ragioni di prudenza: il cervello, il midollo spinale, le tonsille.

Carne di pollo.

Anche nell’allevamento dei polli è molto diffusa la somministrazione di antibiotici. Nei mangimi sono presenti, inoltre, pesticidi.

Carne di agnello.

Agli ovini vengono dati antiparassitari presenti poi in tracce nella carne, nel latte e, da qui, nei formaggi. Negli ultimi anni si sono verificati in Italia focolai di scrapie fra gli ovini: “pecora pazza”, simile alla BSE bovina. Meglio perciò non magiare il cervello.

Latte.

Nel latte finiscono, ovviamente, tutte le sostanze date al bovino: antibiotici e pesticidi. Sul fronte batterico, le pastorizzazioni mettono al riparo dai rischi di infezioni.

Vino.

L’uva da tavola e da spremitura può arrivare anche ad oltre 30 trattamenti. I conservanti del vino bianco e degli spumanti, i solfiti, possono dare allergie alimentari.

Uova.

possono essere contaminate da salmonelle che danno vomito, febbre e dolori addominali. Epidemie simili si sono verificate recentemente in Inghilterra ed America. Consigliabile mangiarle cotte.

Frutta e verdura.

Sono presenti residui di vari pesticidi (si pensi che un meleto, in una stagione, subisce più di 10 trattamenti antiparassitari).

Pasta e riso.

Contengono residui di pesticidi di vario tipo. E nonostante le normative vigenti stabiliscano la concentrazione massima di residui che non provochino danni alla salute, nella pratica, non si sa molto sulle interazioni di queste sostanze con l’organismo umano.

 

Fonti: Istituto Superiore di Sanità-Istituto Mario Negri Milano-Giuliano Bressa, Università di Padova

 

Attenti a quegli 8: i veleni in tavola.

 

Pesticidi.

Antiparassitari e diserbanti chimici sono impiegati nelle coltivazioni di frutta e ortaggi e contaminano tutto il ciclo alimentare. Sono state trovate tracce persino nel latte materno. Questi trattamenti sono ancor più intensivi per i prodotti fuori stagione che è bene evitare. I prodotti biologici sono, naturalmente, esenti dalla presenza di residui chimici.

Metalli pesanti.

I metalli pesanti come mercurio, piombo, cadmio e il cromo, contaminano prevalentemente il pesce. Sono a rischio anche le coltivazioni e gli allevamenti vicini a discariche che non garantiscono la completa impermeabilità del suolo.

Mangimi.

In Europa ed in Italia polli e vitelli vengono gonfiati con delle bombe nutrizionali, negli USA sono legalmente ingrassati a base di ormoni chimici. Nei mangimi finiscono farine proteiche e  grassi di scarto provenienti dalle carcasse di animali morti (deriva dall’uso di farine animali usate come mangimi, il morbo della BSE o “Mucca pazza”).

Le carni biologiche garantiscono che gli animali sono stati allevati solo con foraggi e mangimi naturali e non trattati.

Ormoni.

Vietato in Italia ed in Europa, l’uso degli ormoni è legale negli USA. Gli ormoni accelerano la crescita dei bovini e rendono la carne più magra, più proteica e pesante. Tra le carni più gonfiate vi è quella di vitella (che appare anche più magra): da evitare assolutamente per i bambini. Alla fine degli anni 80 ai bambini di una scuola media di Milano oltre ad accusare diverse disfunzioni, si gonfiarono in maniera anormale i capezzoli. La carne bianca di vitello, che in natura sarebbe rossa, è tale perché l’animale è allevato in condizioni particolari, di stress, immobilizzato in gabbia e sottoposto a bombardamenti di farmaci e antibiotici per evitare epidemie.

Antibiotici.

Molto impiegati nella dieta di polli, bovini e suini in tutti gli allevamenti intensivi per evitare la propagazione di epidemie. Batteri.

Sono molto diffusi nei prodotti freschi come uova, latte, carne, pollame, formaggio e frutti di mare e possono essere causa di nausea, cefalea, salmonellosi, epatite e danni irreversibili al fegato. Evitare le uova col guscio sporco o non conservate in luoghi freschi, al bando i “frutti di mare” crudi (che poi sono molluschi animali e non piante).

Microtossine.

Sono le tossine prodotte dalle muffe, un veleno naturale che contamina soprattutto cereali, spezie, latte, frutta e derivati. Inodori, insapori ed invisibili hanno effetti cancerogeni. Per evitare che si formino bisogna conservare gli alimenti in luoghi freschi e asciutti e consumarli prima possibile.

Additivi.

Coloranti, conservanti, aromi “naturali” (in realtà chimici), anti ossidanti, addensanti si trovano nelle caramelle, in molte merendine, nei dadi da brodo, nei sughi pronti e nelle bevande. Nelle etichette sono indicati da una E seguita da tre numeri. Sono a rischio anche il pancarrè, i formaggini, l’olio di semi vari, gli insaccati, le conserve. I prodotti biologici sono, naturalmente esenti da queste sostanze.

 

Mucca pazza: morti per “Creutzfeld Jacob” raddoppiate in Italia

In Italia le morti per il morbo di Creutzfeld Jacob (MCJ) sono raddoppiate in sette anni. Il dato emerge dal Registro Nazionale della Malattia di Creutzfeld Jacob e Sindromi Correlate dell'Istituto Superiore di. Nel 1993 il numero di decessi causati da questa rara e grave malattia che si presenta con sintomi analoghi all'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) meglio nota come “Mucca Pazza”, sono stati 36 saliti a 72 nel 1999. Nel periodo '93-'99 sono stati 358 i decessi.
La regione con il maggior numero di decessi per MCJ nel periodo 1993-99 e' la Lombardia, con 60 casi, seguita dal Lazio con 50. L’AIA, Associazione Italiana Agricoltura Biologica ricorda che "In Gran Bretagna, il principale centro dell'epidemia, non si e' registrato nessun caso di malattia tra i capi allevati secondo gli standard della zootecnia biologica".

(Adnkronos Salute)


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