Presentazione  

Noi siamo ciò che mangiamo” affermava Feuerbach…Dovremmo quindi rassegnarci ad essere un insieme chimico-farmaceutico con tutte le sostanze finiscono sulle nostre tavole ? Ci siamo rassegnati ad alimentarci come porcellini all’ingrasso, con gli ingredienti dannosi e ripugnanti che ci rifilano legalmente ed illegalmente ? Diamo ormai per scontato che i nostri figli debbano avvelenarsi alla tavola di casa, a scuola (ricordate gli scandali delle mense?) e che debbano crescere da Mc Donald’s ? Oppure preferiamo investire sul futuro dei nostri figli, scegliendo dalla tavola di casa alla mensa scolastica prodotti sani, tipici, biologici e di qualità ? Ciò che deve allarmarci è che l’avvelenamento quotidiano a cui siamo sottoposti con alimenti e bevande chimiche, talvolta frutto di adulterazioni, truffe e carenza di controlli, è anche garantito da leggi dello Stato, direttive comunitarie, trattati internazionali.

Impariamo a conoscere i nostri nemici quotidiani e ad evitarli. Difendiamo la salute ed il buon gusto almeno a tavola! Impariamo a riscoprire i sapori di una volta, tradizionali, tipici e biologici. Il “Pulcino Bio-Bio” ci guida alla scoperta della tavola biologica, con dati, cifre, consigli, esperienze e leggi, per un’alimentazione sana, garantita e senza chimica.

Gli autori Stefano Apuzzo, Stefano Carnazzi, l’Associazione “GAIA, animali & ambiente”, ADN Kronos Salute, Beppe Grillo, Stampa Alternativa e l’Oasi di Monte Rufeno sperano di aver dato un contributo utile a chi non è più disposto a subire l’avvelenamento quotidiano; con l’augurio che grazie al “Pulcino Bio Bio” possano nascere tante mense scolastiche, aziendali, comunali e menù casalinghi biologici, con prodotti tipici e sani.

 

Nutrire nove miliardi di persone

Di Lester R. Brown

(tratto da "State of the World 2000", Edizioni Ambiente)

Nel corso di questo secolo, i progressi tecnologici hanno triplicato la produttività dei terreni coltivati, contribuendo all'aumento del raccolto mondiale di cereali da meno di 400 milioni di tonnellate del 1900 a quasi un miliardo e 900 milioni di tonnellate del 1998. La produzione di cereali è aumentata di cinque volte a partire dal 1900, il che corrisponde alla percentuale di crescita produttiva verificatasi nei 10.000 anni precedenti, ovvero dalla nascita dell'agricoltura.

Nonostante ciò si calcola che 841 milioni di persone soffrano ancora fame o denutrizione, una cifra vicina a quella dell'intera popolazione mondiale di circa 200 anni fa. Storicamente, le nostre risorse alimentari sono dipese da tre sistemi fondamentali: pesca oceanica, terreni da pascolo e terreni agricoli. Per quanto riguarda la pesca oceanica e i terreni da pascolo, due sistemi essenzialmente naturali, abbiamo probabilmente raggiunto il limite massimo. Moltiplicata di quasi cinque volte a partire dalla metà del secolo, la pesca oceanica ha raggiunto o sta per raggiungere il suo limite di sostenibilità: l'eccesso di pesca è oggi la regola e non più l'eccezione. Lo stesso si può dire dei terreni da pascolo: la produzione di carne bovina e ovina, triplicata dal 1950 al 1990, è cresciuta di poco negli ultimi anni, poiché lo sfruttamento eccessivo dei terreni da pascolo ne ha diminuito il rendimento in vaste aree del mondo.  La causa determinante di questa crescente pressione sui sistemi naturali è il costante aumento della popolazione. Si prevede che la popolazione di alcuni paesi come l'Etiopia, la Nigeria e il Pakistan triplicherà entro il 2050: in quell'anno, gli abitanti della Nigeria saranno con buona probabilità 339 milioni, più di quanti ne vivessero in tutta l'Africa nel 1950. Secondo le stesse proiezioni, l'Etiopia, che controlla un'ampia porzione delle sorgenti del Nilo (vera àncora di salvezza alimentare per il Sudan e l'Egitto), vedrà la sua popolazione crescere dagli attuali 62 milioni a 213 milioni. All'India, paese che conta quasi un miliardo di abitanti e le cui falde acquifere si abbassano a vista d'occhio, si aggiungeranno presumibilmente 600 milioni di persone. E per la Cina, nonostante gli sforzi per rallentare la crescita demografica, si ipotizza un aumento di 300 milioni di persone (più di quante ne vivano attualmente negli Stati Uniti) prima che la popolazione si stabilizzi intorno al 2040. Dal punto di vista nutrizionale viviamo in un mondo diviso in due, nel quale alcuni mangiano troppo e altri troppo poco: sono entrambe forme di malnutrizione.

A livello mondiale, il numero di persone sovrappeso potrebbe raggiungere i 600 milioni. Negli Stati Uniti, la più vasta nazione industriale del mondo, 97 milioni di adulti rientrano attualmente in questa categoria, cioè il 55% delle persone al di sopra dei vent'anni di età. Purtroppo, nelle società industriali la popolazione sovrappeso è aumentata negli ultimi decenni a causa dello stile di vita più sedentario. I ricercatori del governo statunitense riferiscono che l'eccesso di peso aumenta i rischi di mortalità per pressione alta, malattie delle coronarie, disturbi circolatori, diabete e varie forme di tumore. Negli Stati Uniti, l'obesità è la seconda causa di morte dopo il fumo. Robert Eckel, un medico rappresentante della American Heart Association, sostiene che "l'obesità sta diventando una pericolosa epidemia".

Sul versante opposto della scala alimentare troviamo le persone che mangiano troppo poco. La FAO calcola che 841 milioni di persone che vivono in paesi in via di sviluppo soffrono di gravi carenze proteiche, cioè non assumono un quantitativo sufficiente di proteine, di calorie o di entrambe. Ai neonati e ai bambini manca il cibo necessario a sviluppare adeguatamente il loro potenziale fisico e mentale. Alla gran parte degli adulti e bambini di questo gruppo è negata l'energia necessaria a mantenere normali livelli di attività fisica. E forse il caso di interrogarsi sulla necessità di una più equa e parca distribuzione ed assunzione delle risorse alimentari.

 

Stato attuale ed evoluzione del mercato del biologico in Italia.

 

Nel corso degli ultimi anni è mutata la scala delle preferenze di acquisto dei beni alimentari: gli italiani hanno dimostrato di gradire sempre di più prodotti garantiti sotto il profilo qualitativo, che, allo stesso tempo, possano offrire garanzie in termini di genuinità e di tutela della salute. L’agricoltura biologica conferma una dinamica di sviluppo autonoma. Riportiamo i dati aggiornati al 2000.

Gli operatori.

Le aziende agricole di produzione

Le aziende agricole che aderivano al sistema di certificazione biologico al 31.12.98 ammontano in totale a 41.613 unità, una cifra che rappresenta un incremento del 41,5% rispetto alla stessa data dell’anno precedente, quando le aziende di produzione certificate erano soltanto 29.390.

Le imprese di trasformazione

Le aziende di produzione-trasformazione e trasformazione sono

anch’esse aumentate, passando dalle 1.728 unità del ‘97 alle 2.085 del ‘98, con una crescita di 20,6 punti percentuali.

Le aziende sul territorio

Per quanto riguarda la localizzazione territoriale delle imprese in

complesso (produzione, produzione-trasformazione e trasformazione), i dati raccolti confermano che, come in passato, il maggior numero di aziende si trova nell’Italia Insulare - Sicilia e Sardegna - dove gli operatori agricoli che hanno notificato agli organi competenti il passaggio alla produzione con metodi biologici è di 18.098, pari al 41,4% del totale.

Le restanti regioni dell’Italia meridionale sono sede di 12.518 aziende, pari al 28,6% del totale.

Complessivamente nel Mezzogiorno si concentrano 30.616 aziende che producono o trasformano prodotti biologici. Tale cifra rappresenta il 70% di quelle presenti nel Paese. Il restante 30% di aziende si ripartisce invece tra le regioni dell’Italia centro-settentrionale. 

In testa la Sardegna

L’analisi dei dati per singola regione evidenzia il ruolo dominante in termini produttivi assunto della regione Sardegna che, con 250.058 ettari complessivi, da sola arriva a coprire circa un terzo dell’intera superficie nazionale già investita a biologico o in conversione dall’agricoltura convenzionale. In particolare, l’incidenza delle colture biologiche sulla superficie agricola coltivata complessiva ha raggiunto il 20.2%.

Quasi metà delle superfici è a foraggio

Il 46% della superficie coltivata a biologico ed in conversione dall’agricoltura tradizionale è adibita a foraggio. In particolare il 49% della coltura - pari a 148.001 ettari - si concentra in Sardegna.

 

Dati elaborati dall’Osservatorio Agro-Industriale di Nomisma e da BioBank, 1999

 

Come si dice Biologico nel mondo?

 

in spagnolo             ecológico

in danese                okologisk

in tedesco               ökologisch

in greco                  biologiko

in inglese                 organic

in francese               biologique

in italiano                 biologico

in olandese                biologisch

in portoghese           biológico

 

Quanti pesticidi consumiamo.

 

L’uso dei pesticidi, i “fitofarmaci”, in agricoltura è regolato da complicate norme, tabelle, limiti e valori. Le leggi attualmente in vigore in Italia e nell’Unione europea stabiliscono il limite tossicologico accettabile entro il quale un determinato agente chimico può essere sopportato dall’organismo umano. Vale la pena ricordare che il limite di tossicità di un prodotto e di un alimento è calcolato sul modello di un adulto di circa 60 chili di peso corporeo, escludendo qualsiasi parametro riferito ai bambini o alle persone anziane e più deboli.

Ma vediamo quanti pesticidi, o meglio “fitofarmaci”, consuma il nostro paese. L’Italia è, secondo uno studio della FAO, uno dei paesi con il più alto consumo di pesticidi al mondo: ben 80.000 tonnellate all’anno, contro le 30.000 della Germania, le 31.000 dell’Inghilterra, le 27.000 della Russia e le 42.000 della Spagna. In Europa siamo sorpassati solo dalla Francia con 110.000 tonnellate.

In alcune zone dell’Italia vi sono vigneti di uva da tavola sottoposti, nell’arco della stagione, ad oltre 30 trattamenti fitosanitari: credete che l’uva ne risenta ed assorba qualche sostanza venefica? In dosi medie “accettabili” ovviamente!

 

 

Il Ministro delle Politiche Agricole Pecoraro Scanio: “Voglio tutte le mense Biologiche”

 

Tutte le mense scolastiche italiane dovranno essere biologiche. Il progetto e' del ministro per le politiche agricole, Alfonso Pecoraro Scanio, che sta lavorando in tal senso sostenendo i Comuni ed in attesa di iniziative piu' mirate che un gruppo di esperti, da lui voluto, sta elaborando. ''In tutta Italia - ha detto il ministro intervenendo alla Giornata mondiale della donna rurale - dovremmo avere mense biologiche nelle scuole. L'obiettivo e' quello di evitare l'inquinamento alimentare nel nostro paese. Potrebbe infatti arrivare sulle mense scolastiche, ma non solo, i cibi transgenici e questo va evitato. Altro obiettivo, ma non so se ci riusciremo, e' la riduzione in tre anni dell'uso dei pesticidi''. Per ora, il dicastero da lui diretto sta sostenendo le iniziative dei comuni, a cui spetta per compentenza la materia, ma ­ ha precisato - l'intenzione e' di valorizzare l'agricoltura biologica in generale. Pecoraro Scanio ha ricordato che l'Italia e' il primo paese in Europa per superficie di coltivazioni biologiche (circa un milione di ettari).

 

(ANSA)

 

Bio donna, Bio Sud

L'agricoltura biologica piace alle donne e al Sud.

 

Agriturismo e coltivazioni biologiche, una vera passione per le donne imprenditrici e per le regioni del Sud Italia. L’ISTAT traccia il profilo dell’impresa biologica in Italia e conferma come la cultura del biologico prevale fra le donne rispetto ai colleghi uomini. Una tendenza già nota agli  addetti ai lavori. L'agriturismo e l'agricoltura biologica - sostiene l'istituto di statistica - sono aziende sempre piu' a conduzione femminile. Un esempio: le imprenditrici di colture di uve per vini doc e docg hanno aumentato le coltivazioni di vite del 72%. E' un ''record'' di cui - sostiene l'Istat ­ si vedono gia' gli effetti sia nel mercato, sia nell'associazionismo

femminile del settore. E' il lavoro in campagna che seduce le donne.

Presenza rosa in aumento anche nell'agriturismo e nell'agricoltura

biologica dove ''e' fondamentale il rapporto che le donne hanno con il

lavoro familiare. Nel primo caso e' immediato il legame tra ruolo di imprenditrice e quello di casalinga rurale.”

 

 

La Bio Finanziaria del 2000.

 

La Legge Finanziaria dell’anno 2000 segna una svolta nella politica agricola e alimentare italiana, proponendo incentivi per l’istituzione delle mense biologiche e spianando la strada ad un mercato, quello degli alimenti puliti e sicuri, dell’agricoltura senza pesticidi, che ormai da piccola “nicchia” è diventa sempre più un vero e proprio “segmento”. L’articolo prevede una piccola tassa per i produttori, i distributori e gli utilizzatori di fitofarmaci al fine di raggranellare risorse finanziarie per sostenere l’agricoltura e le mense biologiche.

L’articolo 59, “Sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità”, in seguito ad un emendamento proposto dal gruppo dei Verdi, recita così:

“Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità eco compatibile (…) a partire dal 1° gennaio 2000 i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio e degli esercizi di vendita di prodotti fitosanitari etichettati con le sigle R33, R45, R60 e dei mangimi integratori contenenti farine o proteine animali sono tenuti al versamento di un contributo per la sicurezza alimentare nella misura dello 0,5% del fatturato annuo relativo, rispettivamente, alla produzione e alla vendita dei suddetti prodotti (…)

2. Le entrare derivanti dai contributi di cui al comma 1 sono versate all’entrata del bilancio dello stato, per essere riassegnate con decreto del ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ad apposita unità previsionale di base del ministero delle politiche agricole  e forestali, denominata “Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità”, ai fini della successiva ripartizione da effettuare con decreto del ministro delle politiche agricole  e forestali (omissis),

per il finanziamento dei programmi nazionali e regionali finalizzati:

a)      al potenziamento delle attività di ricerca e sperimentazione dell’agricoltura a basso impatto ambientale e della produzione di alimenti con funzione di prevenzione delle malattie più diffuse;

b)      alla realizzazione di campagne di promozione e informazione dei consumatori a supporto dei prodotti rientranti nell’agricoltura biologica, di quelli tipici e tradizionali, nonché di quelli a denominazione di origine protetta di cui ai regolamenti Cee n° 2081/92 e n° 2082/92 del Consiglio del 14 luglio 1992;

c)      alla elaborazione, alla revisione e alla divulgazione dei codici di buona pratica agricola.

3. (Omissis).

4. Per garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche ed ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione di origine protetta, tenendo conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell’Istituto nazionale della nutrizione. Gli appalti pubblici di servizi relativi alla ristorazione delle istituzioni suddette sono aggiudicati ai sensi dell’articolo 23 comma 1 del Decreto legislativo n° 157 del 17 marzo 1995, e successive modificazioni, attribuendo valore preminente all’elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti.

5. (Omissis)”.

 

 

Bambini a tavola!

 

A tavola i bimbi rischiano molto più degli adulti perché, come ricordano studi pediatrici, tra cui il rapporto del Consiglio Nazionale delle Ricerche USA del 1993 su “I pesticidi nella dieta dei neonati e dei bambini”, nella fase di crescita il metabolismo è più rapido.

I bambini, rispetto agli adulti, sono 10 volte più esposti ai rischi di un’alimentazione con residui chimici e sintetici. Questo accade perché le sostanze di sintesi, che in presenza di sostanze chimiche negli alimenti, si dimostrano nocive ed in grado di interferire con il metabolismo umano, sono ancor più pericolose quanto più veloce è il ritmo di crescita cellulare. Le dosi massime di residui e sostanze pericolose in agricoltura e negli alimenti hanno come punto di riferimento un adulto dal peso medio di 60 chilogrammi. Il bio bambino cresce forte, robusto e capace di difendersi da malattie e rischi per la salute. E’ per questo che molti Comuni hanno avviato le mense biologiche nelle refezioni scolastiche (somministrando solo prodotti provenienti da coltivazioni biologiche ai sensi del Regolamento CEE n° 2092/91 del giugno 1991 e successive modificazioni. In Italia, le norme per attuare tutte le disposizioni europee si trovano nel D.lgs. 17/3/1995 n.220 e la carne biologica deve essere certificata dal Regolamento CE 1804/1999, valido da agosto 2000).

 

Bimbi troppo grassi.

 

L’alimentazione sbagliata danneggia la salute dei nostri piccoli. Non bisogna cedere ai richiami pubblicitari di media e televisione, secondo i quali dovremmo ingozzare i bambini di merendine, biscotti, colazioni confezionate, caramelle e dolciumi. Negli Stati Uniti un abitante su cinque è obeso, mentre gli italiani sono tra i primi in Europa a sforare sulla bilancia.

Il “Secondo rapporto sull’obesità in Italia”, predisposto dall’Istituto Auxologico di Milano, è allarmante.

Il 40% degli italiani adulti è fuori peso, tra questi il 25% totale della popolazione femminile.

Il 9% dei bambini in età preadolescenziale è in sovrapeso, con punte nel Centro-sud; il 20-25% tra i 9 ed i 12 anni è obeso: Secondo gli esperti, 85 piccoli su 100 sono destinati a divenire adulti con seri problemi di alimentazione. Rispetto al 1994 in Italia c’è un considerevole aumento degli obesi: dal 7,6% al 9,5% negli uomini e dal 7% al 9% nelle donne.

La diseducazione alimentare, incentivata da una pubblicità non corretta che induce a consumi fuori norma, dall’appiattimento alimentare, da luoghi comuni consolidati, rischia di creare un popolo di obesi con seri problemi di salute.

 

Bambini diabetici per colpa dei pesticidi.

 

Il caso accaduto nel settembre del 2000 in provincia di Palermo è emblematico del rischio che corrono i bambini a causa di cibi non sicuri e contaminati da residui chimici e fitofarmaci.

In pochi giorni all’ospedale di Partinico, sono stati ricoverati 5 bambini per diabete giovanile. Secondo quanto dichiarato dal primario di diabetologia questi casi sono causati da “fattori ambientali, dall’uso di pesticidi e solventi industriali”. In Italia si verificano 6 casi all’anno ogni 100.000 abitanti, mentre nella zona di Partinico, dove si abusa ampiamente dei pesticidi in agricoltura, i casi di diabete infantile su 50.000 abitanti sono già ben 12.

 

 

Estinti!

 

Purtroppo le “monocolture” e gli allevamenti industriali in batteria portano a diminuire la biodiversità. Non solo scimmie, tigri, panda ed elefanti scompaiono o rischiano di scomparire per sempre nei prossimi anni. Anche gli animali nostrani, “da cortile”, si estinguono.

In Italia si sono già estinte:

5 razze bovine,

13 razze ovine,

1 razza caprina,

18 razze suine,

4 razze asinine,

7 razze equine e una variegata serie di “razze” di galline. Secondo gli studiosi sono prossime all’estinzione ben 37 razze caprine, 21 bovine, 17 razze di cavalli, 8 di asini, 47 razze di pecore… una vera e propria ecatombe di animali “domestici” nostrani.

 

 

Prodotti tipici e gustosi da salvare.

 

Colture e Culture da proteggere.

Abbiamo rischiato di dare l’addio alla pizza col forno a legna, alla mozzarella di bufala, al caciocavallo ragusano, al culatello di Zibello, al formaggio di fossa, al lardo di Colonnata, alla pasta artigianale, alla ricotta fresca ed a tanti altri sapori naturali e caserecci.  Per fortuna i prodotti tipici italiani sono stati salvati per decreto. Il decreto 350/99 dell’8 settembre 1999 firmato dal ministro delle Politiche Agricole e da quello della Sanità, considera al primo articolo, prodotti agroalimentari tradizionali “quelli le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, per un periodo non inferiore ai 25 anni”. Il secondo articolo del decreto “salva tipici” demanda alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano il compito di predisporre gli elenchi dei prodotti tipici e tradizionali. Questo elenco verrà aggiornato, se necessario e pubblicato ogni anno. Ma vediamo quanto pesa il mercato dei prodotti tipici in Italia.

Le  specialita' alimentari e le produzioni tipiche italiane si confermano sempre piu' come una realta' economica di peso. L'Italia ­ come sottolinea la Coldiretti- puo' contare su un patrimonio di oltre 2.600 tipicita' alimentari (2.171 censite dalle regioni, 109 denominazioni di origine protetta riconosciute dall'Unione Europea e oltre 400 vini) per un valore complessivo, sul mercato italiano ed estero, di quasi 25.000 miliardi di lire.

I Comuni che “adottano” un prodotto tipico e tradizionale che non trova il mercato sufficiente alla sua sopravvivenza, consente di mantenere in vita questa preziosa biodiversità alimentare. E’ sufficiente che i Comuni o le aziende, nel predisporre i propri servizi di refezione scolastica e mensa aziendale provvedano ad inserire nei capitolati di appalto la vera e propria “adozione” del prodotto tipico e caratteristico del territorio prescelto, garantendogli così la sopravvivenza.

 

Come si produce Biologico.

 

L’Amab, Associazione mediterranea agricoltori biologici, oltre ad offrire le cifre del mercato biologico (50.000 aziende, un milione di ettari di terreno ed un fatturato di 2.000 miliardi l’anno) propone una scheda su come si produce biologico, una sorta di manuale del perfetto operatore Bio:

Le regole.

Mantenere e aumentare la sostanza organica- Rotazione delle colture- Meccanizzazione con basso impatto ambientale- Utilizzo di semi biologici- Rifiuto di concimi chimici- Rifiuto di semi transgenici.

Gli allevamenti.

Mangimi biologici e rispetto per il benessere degli animali. Una gallina, ad esempio ha diritto a quattro metri quadri di spazio ombreggiato. Un erbivoro deve vivere nel pascolo per molti mesi all’anno.

La conversione.

Sono fissati tempi precisi. Due anni per le erbacee, 3 per le arboree da frutta. Un vitellone è biologico se æ della sua vita sono passati in allevamento bio, un maiale almeno 6 mesi prima della macellazione.

Le medicine.

Si possono usare solo medicine dolci (omeopatia, cure con erbe) e si può ricorrere alla medicina tradizionale soltanto se ci sia pericolo di vita per l’animale.

 

Un marchio di garanzia per la Carne.

 

Dopo lo scandalo di Mucca Pazza, oltre al divieto dal novembre 2000 di somministrare farine animali ai bovini italiani, arriva in porto la legge sull’etichettatura della carne. Il Regolamento europeo prevede un sistema di etichettatura che consenta di ricostruire la storia della bistecca lungo tutta la catena: dall’azienda zootecnica allo scaffale del supermercato o al bancone di macelleria.

Il Regolamento riguarda al momento solo le carni bovine, tralasciando polli, maiali tacchini che pure si sono resi protagonisti, loro malgrado, di influenza aviaria, carni alla diossina ed altre frodi alimentari. La legge prevede deroghe per la carne macinata per la quale dovrà essere indicato solo il luogo di preparazione (ricordiamo che proprio nella carne trita è più facile dissimulare carni non di qualità o di provenienza dubbia).

L’obbligo di etichettatura “storica” del prodotto avrebbe dovuto entrare in vigore nel gennaio 2000, slittando poi al gennaio 2002 e costringendo i consumatori ad accontentarsi, nel frattempo, di un sistema di etichettatura parziale o volontaria.

Gli unici obblighi di trasparenza sulla provenienza delle carni bovine risultano attualmente essere dei tabelloni che vanno esposti nelle macellerie e nella grande distribuzione. I tabelloni devono riportare il luogo dove il povero animale è stato macellato e fatto a pezzi. Il Regolamento europeo prevede anche che ogni stato attivi una propria banca dati informatizzata. Da novembre 2000 l’esposizione chiara presso i punti vendita della provenienza della carne, indicando allevamento e mattatoio, è sancita da un decreto del Governo che prevede per chi vìola le disposizioni fino a tre mesi di carcere e 400.000 lire di multa.

 

Il latte

 

Latte fresco. Questo latte va consumato in tre giorni. È importante controllare la data di confezionamento e di scadenza: devono essere contenute in pochissimi giorni. Se, per esempio, i giorni diventano settimane, il latte probabilmente è stato trattato con antibiotici per ridurre l'acidità o con formalina per conservarlo più a lungo, sostanze pericolose per il nostro organismo.

Latticini ­ Il burro.

Spesso si trova in vendita il burro da latte già sfruttato”. Il burro si dovrebbe ricavare dalla panna del latte prima dell'uso di quest'ultimo per i formaggi. Invece viene fatto con la panna avanzata, si trascina con sé tutte le impurità della lavorazione (polvere, batteri, anche grumi di sterco) e deve poi essere “ripulito” e nuovamente fuso.

Poi viene pastorizzato per uccidere i batteri: così svaniscono però anche gli aromi e i profumi naturali. Per restituirgli un po' di colore si aggiungono siero, polvere di latte e fermenti.

L’unica garanzia è scegliere il burro di alta qualità.

Creme di formaggio. Il formaggio fuso è una miscela di formaggi non fermentati a sufficienza, o invendibili o avariati, che devono essere resi morbidi e spalmabili. Alcuni produttori usano perciò i pericolosi polifosfati, presenti fino all'1,5%. Mettetevi in preallarme se scorgete la sigla E331. È il citrato di sodio: la sua presenza come ingrediente indica che è stato usato per comporre chimicamente prodotti ottenuti da scarti di lavorazione. In una marca di formaggini ce n'era fino al 3%.

Fino a qualche anno fa, un antibiotico, la nisina, era onnipresente in questo genere di prodotti: ora non dovrebbe più esserci.

Per maggior sicurezza scegliere sempre latte proveniente da allevamenti biologici, fresco e di alta qualità.

 

Gli omogeneizzati.

La sicurezza per le pappe dei bambini è stata ribadita con il DPR 7 aprile 1999, n.128, secondo il quale non devono esserci residui di antiparassitari superiori a 0,01 mg/Kg. e non possono esserci prodotti geneticamente modificati. Dunque, le industrie produttrici dovrebbero già avere ritirato le pappe fuorilegge e convertito le linee produttive con acquisti di derrate certificate come "biologiche". Dovrebbero. Alla data del marzo 2000 solo due marche di omogeneizzati su quattro esposte negli scaffali della grande distribuzione erano già "a norma di legge", cioè (deve esserci scritto sulla confezione) "a norma del DPR 128 del 7/4/99". Questi si dovrebbero poter acquistare senza timore.

 

 

Occhio alle etichette!

Impariamo a leggere le etichette! I produttori hanno l'obbligo di scrivere, innanzi tutto, che cosa c'è nella confezione, ad esempio "confettura" o "maionese", di indicare tutti gli ingredienti, il peso, il luogo e la ditta produttrice, la data di durabilità o di scadenza e, quando occorre, le modalità di conservazione e preparazione.

Sull'etichetta sono indicati obbligatoriamente tutti gli ingredienti che compongono il prodotto che devono essere ben individuabili e devono essere elencati in ordine decrescente: al primo posto quello presente in quantità maggiore e via via fino a quello presente in quantità minore, in modo da dare un'idea chiara della composizione del prodotto. Anche gli additivi sono considerati ingredienti e, vista la loro minima quantità, sono segnalati per ultimi".

Dal 1982 è obbligatorio per legge che l'etichetta rechi l'elenco degli ingredienti, col loro nome specifico, indelebili, facilmente visibili e leggibili. In attuazione delle successive direttive comunitarie, il governo ha poi emanato il D.lgs. 27/1/1992 n.109, che è il testo vigente.

I prodotti alimentari preconfezionati devono riportare, in lingua italiana:

        Nome (“denominazione di vendita”: ravioli, polpa di pomodoro, yogurt etc.);

        Elenco degli ingredienti (tranne  alcune eccezioni) in ordine decrescente secondo il peso;

            Quantità netta o nominale (peso);

        Data di scadenza;

            Marchio/nome del fabbricante/del confezionatore;

        Sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;

        Per le bevande alcooliche, alcool in gradi (“titolo alcolometrico”);

        Una dicitura che identifichi il lotto di appartenenza del prodotto (questo timbrino è importantissimo: i suoi estremi vanno segnalati all'azienda produttrice, all'asl, ai nas o a chiunque ci si voglia rivolgere qualora si trovi un prodotto difettoso o immangiabile);

            Modalità di conservazione e di utilizzo;

            Istruzioni per l'uso — se necessarie;

        Luogo di origine o di provenienza, nel caso in cui l'omissione possa indurre in errore l'acquirente sull'origine o provenienza (per assurdo, “pizza Napoli” made in Taiwan).

Il 10 aprile è entrata in vigore la norma comunitaria sull'etichettatura dei cibi manipolati geneticamente, transgenici. La direttiva prevede che le imprese alimentari abbiano l'obbligo di indicare in etichetta se i loro prodotti contengono più dell'1 % di organismi geneticamente modificati (in questa percentuale non rientrano le lecitine e gli ammendanti che, non di rado, sono di origine OGM).

PARTE SECONDA PARTE TERZA INIZIO