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Ci sono segni di vigorosa ripresa del nucleare nelle sue diverse forme, che sono poi una sola, quella di fonte di energia per centrali elettriche e per l’esplosione di bombe atomiche.
La scusa per le costruzione di nuove centrali è offerta dal fatto che occorre rallentare il crescente uso delle fonti fossili --- carbone, prodotti petroliferi, gas naturale --- sia per i sempre più vistosi mutamenti climatici conseguenti l’effetto serra (dovuto all’immissione nell’atmosfera di anidride carbonica e di altri gas che si formano bruciando i combustibili fossili), sia per il graduale impoverimento delle riserve di idrocarburi, con aumento del loro prezzo sui mercati internazionali. La scusa per la ripresa dell’interesse per le bombe nucleari va cercata nel fallimento, di fatto, del trattato di non proliferazione, nella potenziale o inventata minaccia di armamento nucleare di paesi “nemici” dell’America, come Iran o Corea del Sud o altri, nella constatazione che anche paesi ufficialmente non-nucleari, come Pakistan e India, sono stati capaci di dotarsi di armi nucleari.
Tutto questo stimola l’aggiornamento e il perfezionamento delle armi nucleari americane, dichiarate necessarie a fini di deterrenza (se tu usi una bomba atomica, io ti distruggo con dieci bombe atomiche), ma soprattutto necessarie per dare fiato e profitti al complesso militare-industriale che produce uranio e recupera plutonio, vende combustibili per le centrali, perfeziona gli arsenali esistenti, fa affari con la sepoltura dei materiali radioattivi risultanti. Il “ciclo dell’uranio” comincia con le attività minerarie, concentrate in pochi paesi come Canada, Australia, Kazakistan, Niger, eccetera, nei quali il minerale, che contiene da due a quattro chili di uranio per tonnellata, viene trattato per separarne, per reazioni chimiche, l’uranio sotto forma di ossido, il “yellow cake”.
Questo non serve a niente perché solo l’isotopo 235 dell’uranio, presente in ragione di circa 7 chili per tonnellata di “yellow cake”, è capace di subire fissione liberando energia.
A questo punto il ciclo dell’uranio continua negli stabilimenti chimici che trasformano l’ossido di uranio in fluoruro di uranio, un sale volatile a bassa temperatura che viene avviato al successivo processo di aumento della concentrazione dell’isotopo-235 (di “arricchimento”). In una serie di centrifughe (lunghi tubi metallici che ruotano ad altissima velocità intorno al proprio asse), il fluoruro dell’uranio-235, un po’ “più leggero” del fluoruro dell’altro isotopo, l’uranio-238, si separa lentamente dall’uranio-238. A seconda del numero di centrifughe e della durata dell’operazione, si ottengono due qualità merceologiche di “uranio arricchito”, quello contenente dal 3 al 4 percento di uranio-235 (il resto è uranio-238), adatto per alimentare i reattori delle centrali elettriche, e quello contenente oltre l’80 percento di uranio-235, adatto per bombe nucleari.
L’uranio delle centrali nucleari, dopo una permanenza di alcuni mesi o pochi anni nei reattori, non serve più e deve essere estratto come “combustibile irraggiato”; adesso contiene poco uranio-235, molto uranio-238, un po’ di plutonio e molti altri elementi che restano radioattivi alcuni per settimane o mesi o anni, altri, come il plutonio, per secoli e millenni. A questo punto il ciclo dell’uranio continua lungo due strade che coinvolgono forti interessi commerciali e finanziari e che, nello stesso tempo, sono fonte di pericoli e danni civili e ambientali.
La prima consiste nel “ritrattamento” del combustibile irraggiato, una serie di delicate e pericolose operazioni chimiche per separare, dalle scorie inutili, radioattive e tossiche, una “merce utile” come il plutonio che ha un suo mercato, come esplosivo per armi nucleari, molto ricercato perché chi riesce ad ottenerlo --- sia uno stato, sia una organizzazione terroristica o criminale --- può costruire (o far credere di costruire) una bomba atomica risparmiandosi la parte più lunga e noiosa e costosa dell’intero ciclo. Per questo tutte le operazioni di ritrattamento richiedono controlli polizieschi, segretezza e limitazioni delle libertà di informazioni. Il secondo mercato del plutonio consiste nel miscelarlo con uranio e nell’usare i risultanti “ossidi misti” (MOX) nelle centrali nucleari, con formazione di altre scorie radioattive, e così via.
L’ultimo pezzo riguarda la sepoltura, in cimiteri isolati dal contatto con le acque e le forme di vita, della grande massa di materiali radioattivi che si formano nell’intero ciclo dell’uranio. Si tratta delle scorie di miniera; dei sottoprodotti delle operazioni chimiche di purificazione e di arricchimento (anche se uno di tali sottoprodotti, l’uranio impoverito dell’isotopo 235, il DU, ha un suo mercato come metallo per i proiettili penetranti per cannoni e missili); si tratta dei sottoprodotti del funzionamento dei reattori delle centrali elettriche o di quelli militari, e dei residui delle operazioni di ritrattamento del combustibile irraggiato. E poi ci sono da seppellire i materiali da costruzione degli impianti e reattori in cui si svolgono tutte queste attività e che sono esposti a radiazioni che generano altri elementi radioattivi (per “attivazione”).
E poi altra roba radioattiva ancora. Nessuno sa dove mettere tutti questi materiali radioattivi che aumentano ogni anno, che per ora stazionano in depositi provvisori sparsi per il mondo, anche in Italia, naturalmente, che vengono esportati da un paese all’altro alla ricerca di un cimitero “affidabile”, che non c’è e che probabilmente non si troverà mai. Tutto in una foschia di segreti, di disinformazione, di bugie.
Per farla breve, noi lasciamo, alle generazioni future, in eredità, l’incarico di cercare dei depositi di materiali che restano tossici e radioattivi per tempi lunghissimi (nel caso del plutonio per tempi diecine di volte più lunghi del periodo trascorso dal tempo dei faraoni ad oggi), e di cercare, per tali depositi, dei custodi incorruttibili, politicamente duraturi, scientificamente affidabili --- una improbabile casta sacerdotale nucleare.
La situazione è già gravissima e insostenibile oggi e la nuova frenesia militare-commerciale nucleare la fa aggravare ogni giorno: non sarà il caso di chiedere ad alta voce che venga fermato il ciclo dell’uranio, la merce oscena per eccellenza ? e di chiederci di quale e quanta energia la comunità umana, la comunità europea, la società italiana, ha veramente bisogno per una dignitosa ed equa convivenza ? .