Quattro chiacchiere su... Quattro sberle in padella.
Questo libro, scritto e curato dal free-lance Stefano Carnazzi e da Stefano Apuzzo, noto attivista ambientalista, tratta dell'inquinamento alimentare. Si parla di acqua, additivi, allergie, carni, cioccolato, dolcificanti, dadi per brodo, hamburger, latte e latticini, olio, pesce, salumi, uova, vino... E di etichette, igiene, manipolazione genetica, prodotti biologici, prodotti tipici, radiazioni. Si conclude con "un pugno di additivi" ovvero l'elenco degli additivi alimentari, con tanto di diversi giudizi che vari enti di ricerca hanno dato al medesimo additivo.

Stefano Carnazzi e Stefano ApuzzoIl libro e' stato accolto da molta attenzione (e' uscito nell'ottobre 2000 - nell'occhio del ciclone "mucca pazza"), da una miriade di recensioni, da tante richieste di presentazione.

Una di queste conferenze si e' svolta a Vicenza, fine agosto 2001, nel corso del festival letterario "AZIONI INCLEMENTI 2001; arti e mestieri del narrare", promosso da ATOZ.

E' stata l'occasione per gli organizzatori per fare una chiacchierata con l'autore Stefano Carnazzi.

D. Tra le recensioni, ne abbiamo trovata una in cui si dice che mantenete un atteggiamento "estremista" e pessimista in molti degli argomenti...
R. Basti questo: l'idea del libro e' nata nel '98, sull'onda dello "scandalo PCB-diossina" per polli e prosciutti del Belgio (a proposito, se ne ricorda qualcuno?). I nostri soci telefonavano in Gaia per chiedere informazioni sui prodotti a rischio.
Abbiamo progettato un depliant di quattro pagine. E' venuta fuori un'inchiesta di 200 pagine.
Tutto di contaminazioni dei cibi regolarmente in vendita, che arrivano in tavola, che mettiamo in bocca, e ingoiamo. E il dossier poteva essere ancora piu' voluminoso. E piu' "urlato".
Abbiamo invece mantenuto (spesso a fatica, lo confesso), un profilo piu' basso.

D. A fatica?
R. Valga per tutti il capitolo sulla MANIPOLAZIONE GENETICA.
In base alle campagne ambientaliste condotte in Europa, avremmo potuto ventilare sospetti, urlare minacce, elencare esiti disastrosi di sperimentazioni in corso, fomentare le preoccupazioni. Grazie all'apporto determinante del dottor Stefano Cagno, punta di diamante del protezionismo italiano, abbiamo invece focalizzato solo i dati inconfutabili riguardo agli OGM. E cioe', l'impatto negativo sulla biodiversita', sullo smarrimento di antiche pratiche locali, sull'equilibrio economico e sui rapporti nord-sud del mondo (con l'accentuazione della dipendenza dei paesi meno sviluppati da quelli del G8, e con la perdita, per migliaia di contadini, di diritti reali sui loro terreni). E le pericolose pratiche di laboratorio o le sperimentazioni (scriteriate) a cui si vuol dare corso. E il corollario, eticamente assai discusso, della brevettabilita' di un essere vivente. E il principio di precauzione teso allo spasimo...
E, per finire, un'amara constatazione su un mondo in cui un pomodoro deve essere sperimentato sugli animali come un farmaco pericoloso prima di essere coltivato e messo in vendita. e ciononostante puo' avere effetti collaterali. Un pomodoro.
Nessun allarmismo. Solo dati di fatto.
Per restare in argomento, di OGM discutono gli ambientalisti, gli scienziati, gli industriali, i politici. E' un dibattito fra due schieramenti contrapposti. I termini in cui condurlo possono essere scelti dai contendenti. Se una parte urla "il mais BT [con il transgene del Bacillus Turigiensis, N.d.R.] uccide la farfalla Monarca" citando lo studio della Cornell University gli altri rispondono "NO!" citando le ricerche del Ruakura Center.
Invece noi abbiamo scelto di fare emergere solo gli interrogativi piu' inquietanti, senza addentrarci in questioni scientifiche alquanto vane che vengono scavalcate di mese in mese da altre evidenze.
Cosi', a un anno dall'uscita del libro, quel capitolo e' ancora valido.

D. Ci sono frasi a effetto. Un esempio: a pagina 65 si parla di olio. Le prime righe: "GLI "OLII D'OLIVA": le bottiglie di "olio d'oliva" in commercio non contengono olio d'oliva. Almeno non completamente. Per la legge 1407 del 13/11/1960 olio d'oliva commestibile quello che contiene "non pi del 4% in peso di acidit espressa come acido oleico e che, all'esame organolettico, non rilevi odori disgustosi, di rancido, di putrido, di muffa, di verme o simili". Una definizione in via negationis poco entusiasmante...". Con un inizio cos, pare che si voglia colpire il lettore dando delle informazioni parziali. "Le bottiglie di "olio d'oliva" in commercio non contengono olio d'oliva". Le parole che seguono "Almeno non completamente" mitigano il messaggio che resta, comunque, impresso nella mente del lettore.
R. Non c'e' che da ribadire che solo nelle bottiglie di "olio extravergine d'oliva" c'e' solamente olio fatto con olive spremute (ancor meglio se a freddo, ancor meglio se italiane). In quelle su cui c'e' scritto "olio d'oliva" dentro c'e' anche olio rettificato fatto con gli scarti non commestibili delle olive chimicamente trattati.
Come lo si dice non cambia la sostanza. Catturare l'attenzione del lettore e' regola basilare del giornalismo. Ma con argomenti del genere l'attenzione vien da se'.
Certo, avremmo potuto compilare un elenco di nomi, prodotti e marche.
Ma una tale litania, oltre che noiosa, sarebbe soggetta a invecchiamento precoce. I principi di fondo sono enunciabili solo con argomentazioni piu' articolate. E sono sempre validi, con conseguenze che ne discendono a rivoli.
Per esempio il capitolo sul "cioccolato". Se avessimo solo elencato le cinque multinazionali che detengono il monopolio del commercio del cacao mondiale, sarebbe stato tutto li'. Invece, una spiegazione piu' ampia consente di rileggere il capitolo alla luce dell'emergenze odierne, citandolo come BUON ESEMPIO PRATICO DI GLOBALIZZAZIONE. "Buono" per modo di dire.

D. Esempio pratico di globalizzazione?
R. Nel marzo 2000 il Parlamento Europeo ha autorizzato, per la produzione di cioccolato nell'UE, l'uso di grassi anche di provenienza "altra" rispetto al burro di cacao e di karite'. Grassi transgenici, si presume. Le industrie non avranno piu' bisogno di importare le quantita' odierne di cacao dai paesi produttori.
Tale decisione ha ottenuto l'ambito palmares dello scontentare tutti: i deputati europei accusarono le associazioni dei consumatori di non averli adeguatamente informati ed allertati (molti hanno votato senza capire). Gli ambientalisti assistono a un'altra vittoria delle multinazionali. Decine di migliaia di agricoltori del terzo mondo saranno ridotti in rovina. L'UE, in base agli accordi Stabex della Convenzione di Lome', dovra' risarcire i paesi poveri dei mancati guadagli dalle esportazioni - con i soldi pubblici, i nostri. I consumatori si troveranno al supermarket il cioccolato transgenico (dovendo standardizzare, si uniforma verso il basso, e' la politica europea).

D. D'accordo, cambiamo argomento. Spesso fate riferimento ai prodotti biologici elogiandoli. A pag. 64 si legge: "Sono gli alimenti migliori e pi buoni, certamente da preferire a tutti gli altri". Sembra quasi che i soli alimenti sani e di cui ci si possa fidare siano quelli biologici. Ma anche i prodotti biologici possono essere contraffatti.
R. La differenza sta tutta qui: che quella dell'olio di oliva, delle acque minerali, del cioccolato transgenico, del futuro formaggio PARMESAN (che l'UE tenta di approvare come denominazione per il "parmigiano finto" prodotto non in Italia) sono "truffe" LEGALI e sponsorizzate dalla legge.
Le eventuali contraffazioni dei prodotti biologici invece sono illegali, e' inutile parlarne... Volendo si possono raccogliere i casi dell'associazione a delinquere di Bari che produceva "burro" dal sego, del vino adulterato, dello scatolame rietichettato, ma s'otterrebbe un libro di folklore, una 'pummarola' di notizie sugose. Non di denuncia.

D. Tuttavia l'accenno al biologico introduce un'altra questione, quella dei controlli. Come facciamo a fidarci? Perche', per esempio, ci sono tanti enti di controllo, non uno solo?
Nel merito, i produttori biologici hanno 9 istituti di vigilanza che ogni due mesi effettuano controlli in campo e sui prodotti. I consorzi sono di "autotutela" della qualita'. E' loro primario interesse mantenere standard rigorosi, cosa che non si puo' dire dei produttori "normali", i quali sono invece obbligati a produrre come impongono loro i grossisti, o la grande distribuzione.
Sui prodotti 'normali' dai controlli di frutta e verdura in vendita nei supermarket di tutta Europa (dall'Inghilterra a casa nostra, abbiamo i dati) ogni tanto emerge che i residui di pesticidi ci sono eccome, e "preoccupano", che il 50% del basilico in vendita e' impregnato di veleni, che in un'insalata su tre la soglia di fitofarmaci e' fuorilegge, o addirittura sono state usate sostanze proibite... C'e' insomma un'incertezza. Nel biologico, invece, tolleranza zero. Basta una piccola infrazione, il produttore perde la certificazione.

D. Nei mercati rionali, nelle bancarelle, anche in diversi supermarket, i prodotti biologici non ci sono. che fare?
R. Se non si puo' fare una spesa tutta "bio", almeno effettuare una rotazione delle marche e dei prodotti (diminuisce statisticamente il rischio di incappare in prodotti contaminati), lavare frutta e verdura con bicarbonato, sbucciarla fino a 8 mm... Piu' in generale, non illudiamoci sui controlli degli organi pubblici. INFORMIAMOCI: sui giornali ogni tanto si leggono cose interessanti (bisogna stare all'occhio, pero', perche' lo scandalo delle acque minerali contaminate da nitrati e nitriti nel febbraio 2001 e' durato: UN GIORNO), in libreria 4 sberle in padella e' un buon strumento d'autodifesa, il libro di Jose' Bove' (Il mondo non e' in vendita) fa arrabbiare nel senso giusto, poi c'e' una guida al consumo equo e solidale (Mov. Gocce di giustizia) che elenca tutti i prodotti delle multinazionali, un Millelire su McDonald di StampaAlternativa...
Insomma, "noi siamo quello che mangiamo" diceva Feuerbach. E cio' che mangiamo dev'essere buono. Buono non solo per la gola. Dev'essere sano, buono per lo stomaco e per il nostro organismo. Dovrebbe essere buono con l'ambiente che ci circonda, prodotto nel rispetto della natura. Buono per gli animali, che ci donano i loro frutti (e spesso la loro vita), e in cambio li torturiamo in allevamenti lager. Secondo noi, e' migliore l'uovo di una gallina felice che non quello pieno di fiele e di farmaci di una chiusa in gabbia illuminata artificialmente, pompata, spennata.
E saremmo piu' felici anche noi.

Staff

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S. Carnazzi, S. Apuzzo
QUATTRO SBERLE IN PADELLA
Stampa Alternativa
l. 15.000

 

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