L'invasione degli OGM - E' in dirittura d'arrivo il nuovo Regolamento UE sul cibo transgenico. Principi-guida: riapertura del mercato europeo (e dei suoli agricoli, ahinoi) alle coltivazioni transgeniche in cambio della etichettatura chiara ("contiene OGM") e della tracciabilita'. Ma quello che conta sono le leggi europee e italiane. A livello europeo un dibattito gia' in nuce accesissimo ha portato in un primo tempo all'emanazione di due Direttive, entrambe nel 1990: la 219/90 (sulla sperimentazione di organismi transgenici) e la 220/90 - quest'ultima riguarda proprio il loro rilascio deliberato nell'ecosistema, prevedendo le norme per la presentazione delle richieste di autorizzazione al commercio di OGM sul mercato europeo. Le Direttive sono state recepite dall'Italia nel 1993 (dl 91/93 e dl 92/93). Dalla seconda meta' degli anni Novanta nuove discussioni sono divampate sui temi della sicurezza alimentare e della liberta' di scelta, nuovi dubbi di natura etica sulla brevettabilita' degli organismi viventi, lotte all'ultimo cavillo sulla tracciabilita' e sull'etichettatura.
L'iter d'approvazione di una normativa in grado di soddisfare grandi industrie, consumatori e ambientalisti e' stato cosi' travagliato che ci sono voluti almeno 5 anni e 14 versioni del testo per giungere alla stesura del Regolamento 258/97 - che peraltro lasciava ancora alcune questioni in sospeso. Il Regolamento sui "nuovi cibi", "novel foods", immediatamente vigente in tutti gli stati europei, disciplina nuovamente l'immissione in commercio degli OGM e ne prevede l'etichettatura, obbligatoria pero' solo per i prodotti che rispetto ai corrispettivi tradizionali presentino sostanziali differenze morfologiche, nella composizione, nelle caratteristiche, o in eventuali rischi "per l'uomo, gli animali o l'ambiente". La valutazion dei quali, lasciata alla buona volonta' delle multinazionali che proponevano il prodotto in commercio. Un anno dopo, nel '98, un altro Regolamento (113/98) impone di riportare in etichetta la frase "prodotto da soia (o mais) geneticamente modificati", ma vale solo per mais e soia transgenici. Nell'aprile 2000 con i Regolamenti CE 49 e 50 entra in vigore l'obbligo di etichetta per tutti gli ingredienti, additivi e aromi geneticamente modificati. Ma non c'e' obbligo se la percentuale non supera l'1%, se la contaminazione e' provatamente accidentale o e' avvenuta durante il trasporto. Inoltre non sono tenuti a dichiararlo i trasportatori di materie prime e nemmeno i produttori e i grossisti hanno l'obbligo di accertarsene. Sempre a livello europeo, d'altro canto, il Regolamento CEE 2092/91 sull'Agricoltura biologica proibisce assolutamente l'uso della dizione 'Biologico' per qualunque prodotto che abbia anche tracce di OGM fra i suoi componenti. L'Italia tiene, per quanto le compete, un comportamento altalenante. Prima esclude tassativamente (con il DPR 128 del 7/4/1999) la presenza di OGM negli omogeneizzati; poi, il 16 ottobre, con un provvedimento il nuovo Ministro dell'agricoltura dice che si puo' tollerarne la presenza negli alimenti per lattanti non oltre la soglia dell'1%; nel contempo, si discute se bisogna vietarli nei prodotti a marchio DOP (Denominazione d'Origine Protetta) e IGT (Indicazione Geografica Tipica), che hanno un legame tradizonale o artigianale con il territorio. Per evitare che le orecchiette baresi siano fatte col mais canadese, per esempio. Ma anche in Europa la discussione e' tutt'altro che sopita: nel luglio 2001 la Commissione ha emanato un'altra bozza di Regolamento, che questa volta prevede la rintracciabilita' degli OGM a qualunque stadio produttivo e una chiara etichettatura, in cambio della riapertura del mercato comunitario a questi prodotti (congelato dal 1999). Purche' siano rintracciabili, identificati, e ben marchiati. |
GAIA espone le case-history di alcuni OGM, casi esemplari di rilevanza mondiale che fanno ancora discutere. In progress, in questa pagina ospiteremo gli articoli [cosa e' un OGM]; [FAQ]; [NEWS] |