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nebbia giorgio
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giorgionebbiadi Giorgio Nebbia

Il 2011 è stato dichiarato “Anno internazionale della Chimica”. Strana parola, “chimica”. Con origini antichissime come arte di trasformare la materia -dagli artifici per imbalsamare e conservare per l’eternità i morti, alle furbizie per far credere di poter trasformare i metalli vili nel prezioso oro- a rigorosa disciplina scientifica, a parolaccia, impropriamente associata a ogni sconcezza della vita moderna, dai pesticidi alla diossina e agli inceneritori. Poco amata nelle scuole, spesso male o malissimo insegnata, poco attraente come corso di laurea, la povera chimica qualche virtù ha e vorrei difenderla come laureato in chimica, anzi come uno dei primi laureati in chimica dell’Università di Bari, del corso nato nel 1944 utilizzando laboratori e docenti della preesistente Facoltà di Farmacia.

 

La chimica parla di noi, tutti fatti di elementi atomici, da quelli più diffusi ed essenziali, come ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, fino a quelli meno conosciuti ma altrettanto indispensabili per la vita e l’economia. Ciascuno degli oltre cento elementi ha delle proprietà che si ripetono secondo regole associate alla struttura intima dei protoni e neutroni del loro nucleo, e degli elettroni. Il chimico russo Dmitri Mendeleev (1834-1907) conosceva soltanto una sessantina di elementi ma intuì questa regolarità e dispose gli elementi noti in una tabella fatta di righe e colonne; a mano a mano che nuovi elementi venivano scoperti, ciascuno andava in una casella che Mendeleev aveva lasciato vuota, con le proprietà previste.

Ogni elemento esiste soltanto legato ad altri, in molecole; il gas ossigeno consiste di due atomi dell’elemento ossigeno legati fra loro. Per staccare due atomi legati fra loro occorre dell’energia e ciascuno dei due si ritrova legato a qualche altro atomo di qualche altro elemento. La scienza chimica risolve problemi pratici; la chimica analitica inventa e utilizza metodi chimici e fisici per conoscere quali atomi e molecole sono presenti in un pezzo di natura: in una roccia o in una patata o nelle foglie dell’insalata o nelle cellule di un essere vivente; con metodi chimici è possibile svelare la presenza di sostanze dannose, come gli agenti inquinanti o i veleni nelle acque o negli alimenti, e se si volesse davvero difendere l’ambiente e anche la qualità delle merci, bisognerebbe invocare un potenziamento dei laboratori chimici e un continuo perfezionamento dei metodi di analisi chimica.

La chimica organica permette di riprodurre per sintesi le molecole anche complesse presenti in natura e di inventarne di nuove; qualche volta in tali operazioni ci si accorge che, al fianco delle molecole cercate, si formano sostanze nocive; fu il caso delle diossine svelatesi come sottoprodotti della sintesi di cosmetici e pesticidi e poi rivelatesi presenti in tante altre reazioni come quelle di combustione dei rifiuti negli inceneritori. Alcune sostanze ottenute con sintesi chimiche sono utili a certi fini, ma si rivelano dannose per le persone o per l’ambiente; la storia della chimica e della merceologia (la chimica applicata ai prodotti commerciali) contiene molti episodi di conflitti fra chi vuole che siano vietate nuove sostanze chimiche dannose e chi le produce e vuole continuare a fare soldi vendendole.

La vittoria nella battaglia per la difesa della salute richiede più conoscenze chimiche e anche la capacità dei chimici di parlare all’opinione pubblica ad alta voce, anche a costo di contrastare potenti interessi economici.

Infine la chimica ha un alto valore educativo e, direi, politico. Spiega in maniera chiara che, quando le molecole della materia si trasformano, niente va perduto; è il principio di conservazione della massa che si esprime con formule di uguaglianza; tutti gli atomi che si trovano in un formula a sinistra del segno “uguale” si devono ritrovare, anche se sistemati diversamente, alla destra dello stesso segno. Le trasformazioni possono andare da sinistra a destra e da destra a sinistra a seconda delle condizioni di temperatura, di pressione e dell’energia in gioco, ma i chili di materia a destra e sinistra devono essere uguali. Così nelle sintesi dell’industria chimica le molecole delle materie prime si trasformano in parte nelle merci utili (coloranti, plastica, medicinali), ben studiate e controllate, ma una parte si ritrova nei sottoprodotti che finiscono nei rifiuti e nelle scorie e di cui spesso nessuno conosce esattamente la composizione. E che, secondo la morale corrente, non interessano neanche, perché non si vendono, e pazienza se dopo un mese o un anno avveleneranno i pesci o il corpo umano.

Ci vorrebbero molti buoni chimici e molta buona chimica per controllare meglio le molecole utili e anche quelle che non si vendono e che possono arrecare danni all’ambiente e per comprendere meglio i misteri della natura e della vita. E’ il fine dell’anno internazionale appena iniziato. 

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