Dai parchi naturali ai parchi eolici: i mostri a vento.

di Stefano Apuzzo
Mercoledì, 25 dicembre 2002

La dorsale appenninica, parchi nazionali, regionali, aree protette, siti naturali pregiati per la flora, gli animali, la storia ed il paesaggio saranno invasi entro pochi anni da torri con pale alte decine di metri, fino a 140 metri, il tutto con la benedizione di alcune associazioni ambientaliste, dell'ENEL che fu di Chicco Testa e di Federparchi (area DS). Legambiente ha addirittura stipulato un Accordo dal titolo "Energia dai Parchi", per consentire l'invasione delle aree protette con questi veri e propri impianti industriali. Ad oggi il movimento pi÷ radicale e attivo è quello del Comitato Nazionale del Paesaggio, capitanato dall'ex leader dei Verdi, Carlo Ripa di Meana (leader dei Verdi in Umbria, una delle Regioni pi÷ ambite dalle "fattorie del vento"), mentre le grosse associazioni ambientaliste mantengono una posizione in parte non definita. Dietro le torri eoliche si cela il business della liberalizzazione del mercato elettrico. Altro che "energia pulita". L'eolico, infatti, rischia, di soffocare nella culla altre possibili fonti di energia davvero pulite, come il solare ed il fotovoltaico.
In ogni caso, i danni non si limitano all'ambiente paesaggistico e alla fauna. Le prospettive che si profilano aprono infatti un'insanabile contraddizione con i programmi, le vocazioni e le aspettative sulle quali da tempo lavorano le comunità della dorsale appenninica. Un territorio che costituisce l'ultima grande riserva del paesaggio storico e naturale italiano. Parchi nazionali e regionali, piccole città d'arte, iniziative generali e particolari come l'APE (Appennino Parco d'Europa), le attività agrituristiche, i percorsi ippici di montagna, le produzioni agroalimentari di qualità sono gli elementi per un nuovo rilancio economico, la cui base consiste nella conservazione e nella valorizzazione dei beni ambientali, paesaggistici e storico-culturali. L'irrompere dei parchi eolici, con le centinaia di torri d'acciaio alte fino a 140 metri e i relativi pesanti basamenti interrati di cemento, va invece in tutt'altra direzione, quella di un processo di rapina del territorio che oscurerà il patrimonio di bellezza e di autenticità su cui si basano quei progetti e quelle aspirazioni.
Anche nel caso dei "Parchi eolici" è forte il ricatto economico. La localizzazione delle torri eoliche infatti comporta, per il comune che le ospita, una quota di partecipazione agli utili economici derivanti dalla vendita di energia alla rete nazionale.

Energia liberalizzata:il 2% di elettricità "pulita" per tutti.
L'ENEL e le nuove società che stanno entrando nel mercato della produzione elettrica devono dimostrare, in base alla legge Bersani (n.79/1999), di essere collegate (attraverso un espediente giuridico chiamato "Certificato verde") ad una quota di produzione elettrica da fonte rinnovabile (di nuova installazione) pari ad almeno il 2% della propria produzione elettrica totale.
A questo scopo con il decreto del Ministro dell'Industria dell' 11 novembre 1999 sono stati introdotti i "Certificati Verdi".
Il produttore di energia elettrica, o l'importatore che chiede di connettersi alla rete nazionale, deve detenere la quota, corrispondente al 2%, di "Certificati Verdi". Poiché il valore dei "Certificati Verdi" prescinde dalla fonte di energia rinnovabile utilizzata, la scelta degli operatori non poteva cadere che sulla produzione eolica, che al momento risulta la pi÷ economica.
Al marzo 2002, le domande di allacciamento alla rete elettrica nazionale per l'energia eolica presuppongono un incremento di trenta volte le attuali 1000 torri eoliche già installate.

L'impatto ambientale delle centrali eoliche
L'impatto delle "fattorie del vento" ci è descritto da Stefano Allavena, presidente dell'Associazione Altura, a lungo dirigente del Servizio Conservazione Natura del Ministero dell'Ambiente.

Le localizzazioni predilette degli impianti sono i crinali montano-collinari dell' Appennino. L'impatto derivante dalla costruzione delle centrali si ripercuote innanzitutto sull'aspetto generale dei luoghi alterandone il valore paesaggistico e panoramico. Tale impatto è notevolmente amplificato anche dal fatto che gli impianti. progettati separatamente, vengono poi aggregati in aree di confine tra pi÷ comuni. Un esempio drammatico in tal senso è rappresentato dalla Valle del Fortore nel Sannio, al confine tra le regioni Campania, Puglia e Molise, dove diverse amministrazioni pubbliche hanno in modo sconsiderato consentito l'installazione ognuna di un certo numero di pale eoliche cosicché oggi i crinali di tutto il comprensorio ospitano quasi 600 torri. L'effetto visivo e prospettico da qualsiasi punto si osservi la vallata è tale che l'intero aspetto dei luoghi risulta pesantemente trasformato e ciò, unitamente alla rumorosità delle pale, fa decadere in modo definitivo qualsiasi valenza turistica del territorio. A tale proposito si evidenzia che alcuni recenti progetti dovrebbero interessare le ultime coste rocciose ancora intatte, come ad esempio nella Puglia meridionale.
Queste aree nella gran maggioranza dei casi costituiscono habitat di elevato pregio naturalistico. A conferma di ciò molti degli impianti in progetto ricadono in aree protette e in siti d'importanza comunitaria. I progetti che si stanno proponendo non tengono in nessun conto i principi di conservazione acquisiti in questi ultimi decenni nel nostro Paese e in Europa e che hanno trovato espressione giuridica in fondamentali norme nazionali come la legge quadro sulle aree protette n.394 del 1991, nella cosiddetta legge Galasso su vincoli e piani paesistici, oggi convertita nel D.L. 490 del 1999, nonché nelle relative leggi regionali in materia.
Dalla lista ancora non definitiva delle località scelte per l'installazione delle centrali eoliche risulta che molte di esse ricadono in Siti d'Importanza Comunitaria. Si tratta di aree che ospitano specie animali e habitat minacciati e meritevoli di misure speciali di tutela e che, per tale motivo, sono individuati di rilevanza europea sulla base di convenzioni internazionali e di norme comunitarie come la Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, recepita in Italia con il D.P.R. 8 settembre 1997 n.357 e la Direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici del 2 aprile 1979, recepita in Italia con la legge sulla caccia n.157 del 1992.
Le suddette Direttive prevedono l'istituzione di una rete continentale di aree protette denominata "Natura 2000" e i siti individuati ai fini della loro inclusione, elencati nel Decreto del Ministro dell'Ambiente del 3 aprile 2000, furono a suo tempo individuati dalle Regioni sulla base di studi naturalistici appositamente condotti. Oggi paradossalmente, molte Amministrazioni pubbliche si apprestano a distruggere proprio i beni naturalistici da loro inventariati, sebbene le stesse disposizioni comunitarie prevedano per i siti che entreranno a far parte della rete Natura 2000 la predisposizione di una valutazione di incidenza per individuare e valutare i principali effetti che piani o progetti possono avere sulle aree, tenuto conto degli obiettivi di conservazione delle medesime.
Non meno gravi sono le ricadute connesse alle infrastrutture che accompagnano gli impianti. Infatti la loro installazione richiede la costruzione di strade, di manufatti, di scavi per la posa dei cavi, ecc. Sono opere che vanno a perturbare gravemente gli equilibri degli ecosistemi e che comportano la distruzione completa di intere comunità animali e vegetali. Vista la localizzazione degli impianti progettati risultano particolarmente a rischio associazioni vegetali considerate, ai sensi della succitata Direttiva 92/43/CEE, prioritariamente meritevoli di tutela a livello europeo come ad esempio le "formazioni erbose secche seminaturali su substrato calcareo caratterizzate dalle fioriture di orchidee" e le "formazioni substeppiche di graminacee e piante annuali". Pur essendo le centrali eoliche collocate in aree aperte la costruzione delle strade di accesso e delle linee per il collegamento alla rete di trasmissione nazionale non può non interessare anche gli ambienti boschivi limitrofi.
Lo sviluppo di questa capillare rete stradale di servizio, proporzionata per giunta all'accesso di mezzi pesanti di eccezionali dimensioni, non solo rompe la continuità dei delicati ambienti prativi di alta quota ma altera fortemente il drenaggio dei terreni provocandone mutamenti nella loro composizione vegetale e conseguentemente nelle comunità animali che ne dipendono. E' notorio poi come in Italia le vie di penetrazione negli ambienti pi÷ selvaggi ed incontaminati aprano la strada al fenomeno del bracconaggio, alle discariche abusive, alla cementificazione, ecc.
Bisogna sottolineare poi che, come già avvenuto in molte località, i materiali inerti che vengono adoperati nelle imponenti strutture di fondamenta delle pale eoliche vengono prelevati in cave, spesso abusive, limitrofe agli impianti o, ancor peggio, nei letti fluviali dei bacini circostanti. Si vanno quindi ad alterare non solo le superfici direttamente interessate dagli impianti ma l'intero territorio con possibili gravi conseguenze anche sull'assetto idrogeologico.
Discorso particolare riguarda l'impatto delle pale eoliche sulla fauna. Le zone individuate per le centrali sono per lo pi÷ importanti per molte specie di rapaci sia come zone di caccia sia come punti di concentrazione durante le migrazioni. E' noto e documentato il rischio diretto per gli uccelli rapaci costituito dalle pale dei generatori oltre che dal degrado ambientale generale connesso. Negli Stati Uniti varie ricerche scientifiche testimoniano come la presenza dei generatori in aree critiche costituisca un forte fattore di minaccia per la conservazione di molte specie di rapaci. In particolare uno studio condotto in un area della California ha verificato che il 38% della mortalità dell'aquila reale era dovuto all'impatto con le turbine eoliche. Considerando l'impatto con gli elettrodotti, il cui sviluppo si presuppone sia proporzionato nelle aree sensibili alla produzione dell'energia eolica, tale percentuale di mortalità sale al 54%. E' evidente che l'aquila reale, come molte altre specie di rapaci già rari in Italia poiché minacciati da molteplici altri fattori, difficilmente potrebbe sopravvivere nelle zone interessate dagli impianti eolici. Poiché questi sono progettati preferenzialmente proprio negli ultimi territori dove sopravvivono aquile reali, aquile del Monelli, avvoltoi, nibbi reali e altri rapaci rari, intere popolazioni di uccelli da preda potrebbero subire un ulteriore e forse definitivo tracollo vanificando così il lavoro di decenni nella battaglia per la loro salvaguardia.
E il rischio non coinvolgerebbe solo gli uccelli rapaci visto che un recente lavoro condotto sempre negli Stati Uniti ha riscontrato una sensibile riduzione della densità di uccelli passeriformi nidificanti fino ad una distanza di 180 metri dalle turbine. Il rischio di collisione con le pale sarebbe inoltre elevato per gli uccelli migratori soprattutto durante il passaggio notturno ed in condizioni di nebbia.
Va messo in evidenza come le ricadute negative coinvolgerebbero l'intera comunità animale sia a causa degli effetti indotti sulla vegetazione e quindi sulla disponibilità delle risorse alimentari, sia a causa della mortalità diretta a carico dei rapaci che svolgono un indispensabile ruolo di controllo ecologico, sia a causa di fattori indotti come il disturbo e il bracconaggio favoriti dalla nuova viabilità.
Un aspetto ancora abbastanza sconosciuto ma che richiederebbe ulteriori approfondimenti è quello connesso con l'alterazione delle falde provocate dai plinti di ancoraggio dei generatori che raggiungono notevoli profondità proprio nelle porzioni di territorio pi÷ delicate per il drenaggio delle acque e quindi per l'approvvigionamento idrico dei bacini.

Note sull'energia e le unità di misura.
kW (1000 watt): unità di misura della potenza elettrica erogata.
kWh: unità di misura di quantità di energia elettrica erogata o consumata in un'ora di funzionamento continuo.
MW = 1000 kW
MWh= 1000 kWh

TEP: tonnellata equivalente petrolio. Unità di misura universale di qualunque quantità di energia. Si usa per poter paragonare tra loro quantità di energia diverse, come quelle che si ottengono dal petrolio, dal carbone, dal gas metano, dalla caduta o dal movimento dell'acqua (idroelettrico), dal vento, dalla radiazione del sole, ecc.
Per definizione 1 tep equivale a 11.628 kWh.
Energia eolica
Gli aerogeneratori sono di varia dimensione. Quelli medi hanno palio tralicci di 40-50 metri circa di altezza ed eliche con pale di 20-25 metri. Sono in grado di erogare una potenza di 500-600 kW.
Gli aerogeneratori di grandi dimensioni hanno il palo di sostegno alto pi÷ di 60 metri ed eliche con pale di 30 metri ed oltre. Sono in grado di erogare una potenza di 1 MW ed oltre.
Un aerogeneratore da 1 MW di potenza (1.000 kW), ubicato in un sito di buona ventosità media può produrre energia elettrica sufficiente per le esigenze annue di circa 500 famiglie. L'energia elettrica prodotta dall'eolico è instabile, cioè intermittente e viene utilizzata solo perché immessa nella rete distributrice nazionale di energia che stabilizza il flusso e l'erogazione. Oggi nella rete nazionale elettrica può essere immesso al massimo il 15-20 % di energia da fonti rinnovabili intermittenti, percentuale quasi esclusivamente coperta dall'eolico a danno delle altre fonti energetiche pulite e non impattanti. Il 97% della potenza elettrica da fonti rinnovabili per cui è stato richiesto l'allacciamento alla rete nazionale è eolico. A nessuno è venuto il dubbio che così si uccidono sul nascere le altre potenziali fonti pulite: solare, biomasse, idrogeno, fotovoltaico?
Energia solare.
Ogni anno il sole irradia sulle terre emerse energia equivalente a 19.000 miliardi di tep.
La domanda annuale di energia nel mondo è attualmente pari a 10 miliardi di tep.
Il potenziale sfruttabile delle fonti di energia ricavate dall'irradiamento del sole, riferito all'1% della superficie delle terre emerse, è stimabile in 14 miliardi di tep all'anno.
Oggi in Italia la produzione di energia elettrica comporta l'immissione nell'atmosfera di circa 750 grammi di anidride carbonica equivalente per ogni kWh prodotto. Ciò corrisponde ad un contributo italiano alla crescita annua della CO2 atmosferica pari a circa 180 milioni di tonnellate.

Vestas, il gigante eolico.
La Vestas, società danese prima produttrice mondiale di aerogeneratori per la produzione di energia elettrica dal vento, nasce ufficialmente nel 1945.
Nel 1998 Vestas crea una nuova società in Italia, con sede a Taranto, per la produzione e l'installazione di aerogeneratori eolici in Italia: la Wind Energy System Taranto S.p.a.
In joint venture con Ansaldo viene creata la IWT-Italian Wind Tecnology Srl (Vestas-Ansaldo).
Nel 1999 e nel 2000 Vestas continua ad aumentare la propria produzione di aerogeneratori. Oggi Vestas controlla il 30% circa del mercato mondiale di turbine eoliche (aerogeneratori).

Fattorie del vento nei Parchi nazionali.
Il 27 febbraio 2001 è siglato l'accordo per "L'energia nei parchi". Gli attori sono il sempiterno presidente dell'ENEL, Chicco Testa, ex ambientalista d'assalto ed attuale manager pubblico, Legambiente, la Federparchi di area diessina, il Ministero dell'Ambiente ed altre sigle di scarso significato.
L'occhiello del documento di accordo recita: "le aree protette italiane laboratori privilegiati per lo sviluppo e la ricerca di fonti energetiche rinnovabili". La pudica terminologia dei titoli non rende espliciti i contenuti dell'accordo, che invece risultano chiari dalle pagine successive del documento. Anche se il testo non cita mai esplicitamente le "fattorie del vento", si tratta di dare il via libera all'insediamento di enormi ed impattanti impianti industriali (le "torri eoliche") sulla dorsale appenninica, sulle vette pi÷ alte e nelle pianure pi÷ belle e ventose dei Parchi nazionali del centro e del sud Italia. L'installazione delle "wind farm" nei Parchi nazionali consentirà certamente significativi risparmi sulle emissioni inquinanti dovute alla produzione di energia elettrica con fonti fossili, ma a che prezzo?
Davvero l'Italia, Paese di sole, non aveva alternative meno impattanti per la produzione di energia elettrica? Siamo sicuri che l'idrogeno ed il biodiesel rappresentino fonti alternative futuribili?
O piuttosto, non si stanno promovendo politiche energetiche unidirezionali ed al vento? La norma del 2% di energia da fonti rinnovabili, dei "certificati verdi" di Borsani e la strategia dell'ENEL ci dicono che si è scelto il vento contro il sole, ci si è orientati verso un comparto industriale anziché diversificare le potenzialità, le fonti, le produzioni. Si è scelta la strada pi÷ rapida, economica ed anche la pi÷ impattante. Purtroppo questa scelta avviene sotto l'egida di Legambiente e con l'avallo o il silenzio di molte altre associazioni ambientaliste (tra le quali c'è addirittura chi promuove l'incentivo per l'uso del carbone!).
Si ignora come l'insediamento di impianti industriali quali le torre eoliche e le fattorie del vento nei Parchi ipotecherà per sempre il futuro di quelle aree, inficiandone qualsiasi attrattiva turistica di qualità o produzione tipica ed economia tradizionale. Non è casuale, infatti, la netta opposizione ai mostri a vento da parte delle associazioni degli agricoltori e degli agriturismi.
Incredibili le parole con cui è comunicata la sottoscrizione dell'accordo: "Una grande opportunità per i parchi e le aree protette del nostro paese. Non solo spazi dove conservare uno straordinario patrimonio naturale, dove valorizzare il territorio, le tradizioni e la cultura del nostro paese, ma anche luoghi dove avviare la promozione di nuove produzioni amiche dell'ambiente. Le aree protette possono quindi diventare laboratori privilegiati dove impiantare, sperimentare e sviluppare l'uso di energie rinnovabili, dove procedere ad interventi di riqualificazione del territorio e di risanamento e di riduzione degli impatti ambientali, soprattutto sui corsi d'acqua".
L'accordo per le torri eoliche nelle aree protette mette a rischio, nel centro e sud Italia, quel 10% di territorio nazionale posto sotto tutela i 20 parchi nazionali, le 156 riserve naturali statali, gli 89 parchi naturali regionali, le 197 riserve naturali regionali e le 106 altre aree protette (per un totale 2.600.000 ettari).
"stiamo progettando un innovativo aerogenatore di piccola taglia, pi÷ facilmente inseribile nelle aree protette", affermava Chicco Testa, ancora alla Presidenza dell'ENEL, consapevole dell'impatto paesaggistico ed ambientale delle "wind farm". Purtroppo, mentre l'ENEL progetta le torri crescono.
L'aver scelto i Parchi nazionali come sede per attività industriali, seppure apparentemente "pulite", denota una vecchia cultura di matrice industrialista tipica di certi ambienti della "sinistra storica", i quali hanno sempre rifiutato la contaminazione con le idee innovative dell'ambientalismo. Non è un caso che la promozione delle politiche energetiche a favore dell'eolico anzicchè del solare e dell'idrogeno, nasca in ambiente ENEL e veda, tra i maggiori protagonisti l'ex Ministro dell'Industria, il diessino, Bersani.
Per certi politici, l'ambiente è solo uno strumento per promuovere attività industriali ed economiche, una risorsa come un'altra, senza molta differenza tra gestione dei rifiuti e parchi nazionali. I Parchi nazionali, al contrario, ambiscono a produrre e diffondere ricchezza in maniera dolce e rispettando la propria vocazione: agriturismo, turismo di qualità, produzioni tipiche e biologiche, artigianato, alta qualità alimentare.
Le ragioni per cui l'eolico ucciderà la possibilità di sviluppo del solare e delle altre fonti energetiche pulite sono nei fatti, assorbendo le "wind farm" pressoché l'intero 2% della produzione energetica pulita da immettere nella rete elettrica nazionale.

Via col vento.
Il numero di gennaio 2002 del mensile "Airone", dedica il romantico titolo "Via col vento" alle wind farm italiane. L'articolo ha i toni entusiasti di chi ha scoperto la via pulita alla fabbricazione dell'energie elettrica. Quasi casualmente e probabilmente in maniera del tutto inconsapevole, l'accenno pi÷ critico alle fattorie del vento, proviene, da uno dei maggiori promotori dei kilowattori a vento. "Potenzialmente, almeno il 10-15% del territorio italiano è adatto all'installazione delle wind farm, peccato che il vento sia invisibile e le torri no", dichiara alla rivista naturalista Ciro Vigorito, socio di maggioranza della "Vento Power Corporation", che controlla il 70% del mercato degli impianti e della gestione eolica in Italia.
"Per affidare al vento buona parte del fabbisogno energetico, riducendo le emissioni onorando gli impegni di Kyoto, l'Italia dovrebbe trasformarsi in un'orrenda giungla di tralicci con elica. E neanche così servirebbe, perché in Italia il vento è instabile, capriccioso, localizzato". Una discreta bocciatura delle wind farm, da parte di chi le costruisce, o per lo meno, l'ammissione che l'eolico non è la panacea delle preoccupazioni energetiche italiane.
Ma cosa ne pensano gli ambientalisti delle torri eoliche?
Gli unici nettamente contrari all'invasione delle fattorie del vento, sono fino ad oggi gli ecologisti del Comitato nazionale per il Paesaggio, guidato da Carlo Ripa di Meana, Consigliere dei Verdi in Umbria, ex portavoce nazionale verde, già Commissario UE all'Ambiente e Ministro dell'Ambiente nel Governo Amato primo. Proprio l'Umbria è una delle regioni privilegiate per i progetti d installazione di torri con pale. Tutto il mondo agricolo, del biologico, delle produzioni di qualità e degli agriturismi è in rivolta, tanto da esser riuscito, momentaneamente, a bloccare i piani eolici in Umbria.
Tra gli scettici ci sono anche il Ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli ed il Ministro per i Beni Culturali, Giuliano Urbani. Nel corso di una conferenza stampa, i due Ministri hanno dichiarato: "E' allrmante la sproporzione che c'è tra i danni inferti al paesaggio dall'eolico ed i ricavi, che sono molto bassi. Non diciamo no in assoluto all'eolico, ma vorremmo pi÷ ordine ed una disciplina specifica per la sistemazione di questi impianti, per sistemarli solo dove non deturpano il paesaggio. Carlo Ripa di Meana, ha aggiunto: "Stiamo commettendo un atroce danno ambientale per un piatto di lenticchie. I megawatt di energia eolica non raggiungono lo 0,5% del fabbisogno energetico nazionale, ma in compenso abbiamo ottenuto lo scempio di Campania, Molise, Abruzzo, Puglia e Sardegna". Decisamente contro gli impianti selvaggi anche Paolo Bedoni, Presidente della Col diretti: "Sono a rischio oltre 100.000 ettari di territorio. La presenza degli impianti eolici dequalifica l'ambiente e aggredisce i caratteri agricoli e turistici del nostro territorio. Chiediamo che sia negato alle centrali eoliche l'installazione nei territori vincolati dalla normativa sui beni paesaggistici e nelle aree protette. Molto meglio favorire altre forme di energie rinnovabili, come il solare, il fotovoltaico, le biomasse ed i biocarbuarnti". Sintonizzati contro i giganti eolici anche Federconsumatori. Uno schieramento, come abbiamo visto, assolutamente trasversale, al pari di quello favorevole alle torri eoliche. Il Presidente del consiglio Berlusconi ha dichiarato: "la nostra politica energetica è drammatica, noi italiani paghiamo l'energia pi÷ cara di tutta l'Europa. Non posiamo fare a meno delle rinnovabili", parole interpretate dai difensori delle fattorie del vento come un benestare agli impianti.
Partigiane dell'eolico le dichiarazioni di Fabrizio Fabbri, direttore scientifico di Greenpeace Italia: "In nome di un fuorviante amore per l'estetica si sta cercando da pi÷ parti di bloccare gli impianti eolici, unica fonte energetica davvero pulita e con possibilità di crescita nell'immediato. Le torri possono piacere o no, possono anche deturpare l'ambiente. Ma combatterle acriticamente è pericoloso".
Gianfranco Bologna del WWF Italia, attacca le posizioni dei due Ministri, ma al contempo afferma che "la diffusione dello sfruttamento di questa fonte energetica deve essere guidata da regole precise".
A spada sguainata in difesa delle torre eoliche, come lo fu per i tralicci e gli elettrocondotti (memorabile la "battaglia della valle del Chianti" in Toscana, con Testa e Tatò da una parte e i Sindaci e le popolazioni dall'altra), scende in campo l'ex Presidente dell'ENEL, Chicco Testa, Legambiente: "prima di parlare di piatto di lenticchie occorre capire quanto petrolio si risparmia con 1,5 miliardi di kWh eolici". L'accusa, neanche tanto velata, che viene mossa dai paladini del vento a chi combatte le torri nei parchi e nelle aree protette è che si tratta di uomini di destra al servizio del nucleare e dei petrolieri. La realtà è, ovviamente, ben pi÷ articolata. Forse le vecchie categorie di pensiero e di scontro per criminalizzare le idee avversarie non sono sufficienti. Per comprendere da che parte pende di pi÷ la logica ed il buon senso è sufficiente osservare i dati, comprendere a fondo gli interessi in gioco e visitare una "fattoria del vento", per rendersi conto se una qualsiasi attività produttiva di qualità, agricola o agrituristica o presenza pregiata di flora e fauna siano davvero compatibili e possibili ai piedi di questi colossi industriali.
Nel nostro paese non è facile ottenere informazioni libere da interessi precostituiti, siano essi politici o economici, da schieramenti pregiudiziali, amicali o di posizionamento. Ne consegue che non è facile approfondire tematiche, all'apparenza ostiche o comunque di non agile lettura, come la questione dell'eolico. Mai come in questo caso le semplificazioni e le schematizzazioni fanno male alla libertà di pensiero ed alla verità, oltre che alla libera formazione di un autonomo pensiero e di opinioni critiche. Apparentemente l'eolico è pulito e non impattante, difeso e promosso da Legambiente, da certa sinistra e addirittura da Greenpeace. Dall'altra parte un signore eretico e magari un pò eclettico, un manipolo di agriturismi, i consumatori e due ministri del centro-destra. Troppo facile cadere nella trappola della semplificazione: "il vento è di sinistra, l'antieolico è di destra". E allora, il solare che verrà ucciso dall'eolico di che colore è? E le bio masse?
Purtroppo, nella definizione dell'opinione pubblica contano molto i mezzi di informazione, i quali sono tutt'altro che al riparo da condizionamenti di ordine politico ed economico. I maligni, infatti, fanno notare come tutte le riviste specializzate che affrontano in maniera edulcorata ed eolico- partigiana, la scottante questione delle torri del vento, riportano anche diverse pagine pubblicitarie dei colossi della produzione e della gestione degli stessi impianti eolici, come Vestas, Edison energie speciali, IVPC.


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