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nebbia giorgio
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La decisione di celebrare il 22 aprile di ogni anno la "Giornata della Terra" (Earth Day), fu presa 35 anni fa in un tempo in cui l'attenzione per l'ecologia era tanto diversa da quella attuale. Il 1970 arrivava dopo una lunga serie di contestazioni contro le esplosioni di bombe nucleari che facevano cadere su tutto il pianeta le loro scorie radioattive contro la diffusione planetaria dei pesticidi clorurati persistenti, come il DDT, i cui effetti nocivi erano stati rivelati dalla biologa americana Rachel Carson; arrivava in un periodo in cui la popolazione mondiale, allora di 3700 milioni di persone, stava aumentando in ragione di cento milioni di persone all'anno e in cui, dopo la fine dell'occupazione coloniale, centinaia di milioni di famiglie, in Asia, in Africa, in America latina, rivendicavano il diritto a migliori condizioni di vita. Il 1970 era arrivato nel pieno della disastrosa guerra del Vietnam nella quale l'esercito americano aveva impiegato diserbanti tossici per distruggere le foreste e la giungla in cui potevano rifugiarsi i partigiani Vietcong; le città industriali erano afflitte da un traffico congestionati e la loro aria era annerita dai fumi industriali; il petrolio greggio copriva vaste superfici del mare e gli incidenti industriali provocavano stragi di vite umane. La parola "ecologia" divenne allora domanda di un cambiamento verso un mondo meno violento e più ospitale per gli esseri umani; i sit-in, quelle forme di lezioni all'aperto dei campus delle università americane, riunivano migliaia di studenti e docenti di prestigio, come Barry Commoner e Paul Ehrlich, autori di libri che chiedevano una nuova etica di vita nell'ambiente. Da tali sit-in nacque l'idea di fissare per il 22 aprile 1970 una grande manifestazione internazionale sotto il nome di "Giornata della Terra". Quella primavera fu un grande momento di speranza; sembrava che, alzando la voce, fosse possibile ottenere città più vivibili, campi più fertili con cibi meno contaminati, produrre merci senza avvelenare l'aria e le acque, allontanare lo spettro del nucleare militare e commerciale. In Italia la FAST, la Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche, organizzò un grande convegno presso la Fiera di Milano (gli atti di tale incontro sono ormai una rarità bibliografica); in quello stesso 1970 il presidente del Senato Fanfani organizzò una serie di audizioni fra senatori e studiosi, raccolte poi dallo stesso Senato in un volume intitolato "Problemi dell'ecologia". A 35 anni di distanza la "Giornata della Terra" è ormai in tono minore; negli Stati uniti sopravvive con la vendita di magliette e di poster; addirittura di "Earth Day" ce ne sono due, organizzati da due diverse imprese che vendono diversi poster e magliette; insomma la giornata è ridotta ad occasione commerciale. E le speranze di tanti anni fa che fine hanno fatto? La situazione del pianeta è sotto gli occhi di tutti, in 35 anni è raddoppiato il numero di automobili e il consumo di energia; la crescita economica assicura occupazione e un flusso di benessere a una frazione crescente degli attuali 6200 milioni di terrestri, che peraltro continuano ad aumentare in ragione di sessanta milioni all'anno. La crescita economica ha liberato centinaia di milioni di famiglie dalla miseria e in ogni paese sono state emanate migliaia di leggi che si propongono di regolare il traffico urbano, la qualità della benzina, lo smaltimento dei rifiuti e tutto questo è senza dubbio figlio di quella lontana stagione dell'ecologia della speranza. Nuovi strumenti permettono di misurare la concentrazione di gas nell'aria e di veleni nei fiumi, di tenere sotto controllo la temperatura dell'acqua degli oceani, ma sotto molti aspetti la fragilità ambientale della Terra non è diminuita e talvolta è aumentata: lo si vede ad ogni pioggia che fa franare un pezzo di collina i di montagna, lo si vede dalla sete che affligge 2000 milioni di abitanti del pianeta, dalle epidemie che si diffondono fra gli umani e gli animali. Proprio in occasione della "Giornata della Terra" viene pubblicato ogni anno, a cura del Worldwatch Institute americano, un volume che descrive la situazione del pianeta, tradotto anche in italiano dalle Edizioni Ambiente di Milano. Il titolo dello "Stato del mondo 2005" è: "Sicurezza globale". Al di là dei pericoli costituiti dal terrorismo, la vera insicurezza globale deriva da fattori ambientali; la sete, la mancanza di cibo, ma anche l'inquinamento dell'aria e le relative modificazioni climatiche, la mancanza di adeguate condizioni igieniche. Molte epidemie sono dovute alla promiscuità in case miserabili, alla mancanza di gabinetti e fognature, all'alimentazione con cibo contaminati a causa delle cattive condizioni delle coltivazioni agricole e degli allevamenti zootecnici e della pratiche di conservazione. A queste violenze ambientali si aggiungono quelle provocate dalle guerre per la conquista delle materie prime; i paesi ricchi e i paesi poveri sono entrambi malati, gli uni per la paura di non possedere abbastanza beni naturali e per la violenza a cui sono spinti per sottrarre a basso prezzo fonti energetiche, minerali e prodotti forestali ai paesi poveri; i paesi poveri sono malati per la mancanza di condizioni di vita appena decenti e per l'aspirazione a conquistare con la violenza i beni di cui sono privi. La "Giornata della Terra" invita (dovrebbe invitare) a curare, attraverso la solidarietà nell'uso dei beni della natura, le malattie degli uni e degli altri: daremo retta a questo appello ?